di Lucia Izzo - L'Europa è stata messa al corrente del funzionamento di una pratica tutta italiana posta in essere dal 2009 dalla SIAE (Società italiana autori ed editori): si tratta del c.d. prelievo per copie private, un compenso che produttori e rivenditori sono tenuti a pagare laddove siano immessi sul mercato attrezzature, apparecchi e supporti idonei alla riproduzione di opere e di altro materiale protetto (dai cellulari ai cd, dalle pendrive ai computer, ecc.).
Le legge italiana sul diritto d'autore, infatti, prevede che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, abbiano diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi. Detto compenso è costituito, per gli apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale di fonogrammi o videogrammi, da una quota del prezzo pagato dall'acquirente finale al rivenditore.
Alla disciplina normativa si è affiancato l'intervento attraverso decreti del Ministero per i beni e le attività culturatli (MiBAC), realizzando un sistema contro il quale si sono sollevati produttrici e rivenditrici di personal computer, compact disc, apparecchi di registrazione, telefoni cellulari e videocamere (tra cui, ad esempio Telecom Italia e Samsung Electronics Italia): queste hanno impugnato un decreto del Ministero che ha di fatto esteso l'ambito di applicazione dell'equo compenso
applicando il prelievo per copie private anche ad apparecchi e supporti come i telefoni cellulari, i tablet, i computer e altre apparecchiature, anche se tali dispositivi non sono specificamente destinati alla riproduzione, alla registrazione e alla conservazione di contenuti.Contro tale decreto le ricorrenti hanno prima proposto ricorso dinnanzi al TAR Lazio per ottenerne l'annullamento; al rigetto dell'istanza hanno adito il Consiglio di Stato in sede di appello che ha poi sollecitato l'intervento degli organi di giustizia comunitari.
Per le imprese il decreto impugnato era contrario al diritto dell'Unione e ciò era dovuto, in particolare, al fatto che anche persone fisiche o giuridiche che, manifestamente, non esercitano attività di riproduzione privata sono soggette al prelievo in questione. Critiche sono state mosse anche contro i poteri conferiti alla SIAE dal decreto impugnato, stante la troppa discrezionalità attribuita nella gestione del prelievo che non avrebbe garantito la parità di trattamento delle persone obbligate al versamento del prelievo.
Alle ricorrenti dà ragione l'Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell'Unione europea, Nils Wahl, nelle sue conclusioni del 4 maggio relative alla causa C-110/15 (qui sotto allegate).
La domanda assume violata la direttiva 2001/29/CE, in particolare l'art. 5, paragrafo 2, lett b)., secondo cui gli Stati membri possono prevedere un'eccezione al "diritto di riproduzione" riconosciuto in via esclusiva ai titolari dei diritti per quanto riguarda la riproduzione ad uso privato.
Quando uno Stato membro decide di limitare in tal modo i diritti esclusivi dei titolari, la direttiva impone di istituire un sistema con il quale sia garantito ai titolari un equo compenso per l'uso del materiale protetto da diritto d'autore; inoltre, la direttiva vuole garantire, tra l'altro, che sia trovato un giusto equilibrio tra gli interessi in conflitto dei titolari dei diritti e degli utenti di opere e di altro materiale tutelato dal diritto d'autore. La normativa lascia agli Stati membri una certa discrezionalità nell'elaborare il sistema dell'equo compenso, e della portata di tale potere discrezionale si occupa il caso in esame.
Prelievo indiscriminato e poteri della Siae
Il Procuratore Generale critica la normativa italiana poiché applica il prelievo per copia privata indiscriminatamente a talune categorie di attrezzature, apparecchi e supporti idonei alla riproduzione per uso privato ricompresi nel decreto impugnato; tuttavia, l'esenzione dall'obbligo di pagare tale prelievo può essere negoziata tra la SIAE e i produttori e gli importatori degli apparecchi (o le loro associazioni di
categoria). Da qui l'ampia discrezionalità che la SIAE ha nella negoziazione e, in ultima analisi, nella delimitazione dei parametri relativi a un'eventuale esenzione dal prelievo.
L'Avvocato Generale evidenzia che in Italia non esiste alcuna esenzione per attrezzature, apparecchi e supporti acquistati da persone giuridiche per scopi manifestamente estranei alla riproduzione per uso privato. Al contrario, la decisione di concedere (o di non concedere) ex ante esenzioni è rimessa alla discrezionalità della SIAE (conformemente all'articolo 71 sexies della legge sul diritto d'autore, in combinato disposto con l'articolo 4 dell'allegato tecnico del decreto impugnato).
Non solo le esenzioni concesse dalla SIAE sono poche e di portata limitata, ma esse sono anche accompagnate da condizioni rigorose. Più semplicemente, il sistema italiano consente alla SIAE di applicare esenzioni alle persone obbligate a pagare il compenso, qualora lo ritenga opportuno.
Eppure, i produttori e gli importatori devono essere esentati ex ante dal pagamento del prelievo quando possono dimostrare di aver fornito apparecchi e supporti per un uso manifestamente estraneo alla
realizzazione di copie private. In ogni caso, l'esenzione ex ante non dovrebbe essere subordinata alla condizione della positiva negoziazione e conclusione di un accordo con l'organizzazione che gestisce il prelievo, ma dovrebbe essere applicata generalmente e senza distinzioni a chi dimostra che
apparecchi e supporti in questione sono stati forniti a soggetti diversi da persone fisiche a fini estranei a quelli della realizzazione di copie private.
Il rimborso ex post
In Italia, dunque, mancano disposizioni legislative che prevedano un'eccezione ex ante (in tal modo violando la normativa europea e il principio di parità di trattamento) ma anche il rimborso ex post è rimesso alla discrezionalità della SIAE.
Il sistema italiano di rimborso ex post circoscrive il diritto di chiedere il rimborso agli utenti finali, ma può essere compatibile con il diritto dell'Unione solo qualora le disposizioni pertinenti del diritto nazionale prevedano un'esenzione ex ante connessa all'uso professionale.
Tuttavia questa in Italia non esiste e, in tali circostanze, sembra che sia possibile raggiungere un certo equilibrio, seppure insoddisfacente, tra gli interessi in gioco, soltanto nel caso in cui le persone tenute al pagamento del compenso possano anche chiedere il rimborso.
Qualora sia stato applicato un prelievo per attrezzature, apparecchi o supporti acquistati per uso professionale tramite un rivenditore, deve essere possibile, per l'utente finale, ottenere il rimborso. Tale possibilità deve essere concreta e reale in modo da garantire che il compenso versato non ecceda quanto necessario per compensare il pregiudizio potenzialmente causato dalla riproduzione per uso privato.
Per avere una risposta definitiva sulla questione, bisognerà attendere che la Corte di Giustizia si pronunci, ma dalle conclusioni dell'Avvocato Generale emergono presupposti che lasciano ipotizzare uno scenario gravoso per il Paese che ha trattenuto indebitamente esborsi per copia privata rendendo gravoso il recupero delle somme a chi avrebbe avuto diritto alla ripetizione di esse.
A titolo esemplificativo, nel 2015 tale somma ha superato i 150 milioni di euro.
Avvocato Generale UE - Conclusioni 4/5/2016• Foto: 123rf.com