di Marina Crisafi - Entra in vigore da oggi, domenica 5 giugno, la legge n. 76/2016, meglio nota come legge Cirinnà che disciplina per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano le unioni civili tra due persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto.
Da oggi, dunque, il provvedimento, che è stato oggetto di scontri furenti sino all'approvazione, e che continua ad esserlo tuttora, ad opera del fronte del "no" (che ha già annunciato battaglie con armi come l'obiezione di coscienza), volente o nolente, entrerà nella vita quotidiana dei cittadini italiani.
Di fatto, però, anche se con l'entrata in vigore della legge da domani, teoricamente le coppie potranno ufficializzare la propria unione di fronte all'ufficiale dell'anagrafe del proprio comune, nella pratica sono molti i nodi irrisolti, in quanto mancano ancora una serie di decreti che l'esecutivo dovrà emanare per adeguare le norme esistenti alla riforma, e in primis l'ordinamento dello stato civile. E se per le convivenze di fatto, un passo in avanti è stato fatto, con l'emanazione da parte del ministero dell'Interno della circolare n. 7 dell'1 giugno scorso, che ha dettato le prime indicazioni operative ai vari uffici comunali, per le unioni civili mancano proprio le istruzioni per l'uso, oltre (da non sottovalutare), all'oggettiva difficoltà dei comuni ad assorbire anche tale funzione che si va ad aggiungere a quelle introdotte dalla legge n. 162/2014 in materia di separazioni e divorzi.
Vediamo intanto tutte le novità della legge:
Le unioni civili
Primo caposaldo della nuova legge è l'introduzione dell'istituto delle unioni civili tra due persone dello stesso sesso, definite "formazioni sociali specifiche" per non confonderle con il matrimonio, sebbene l'unione sarà caratterizzata da diritti e doveri del tutto simili a quelli ottenuti con l'istituto tradizionale (tra cui, sul primo fronte, la possibilità di scegliere il cognome dell'altro, la pensione di reversibilità, il tfr, l'eredità; sul secondo, invece, l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione, la contribuzione ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, ecc.).
A differenza del matrimonio, la registrazione dell'unione non prevede pubblicazioni ma basta una dichiarazione di fronte all'ufficiale dello stato civile in presenza di due testimoni, senza formule sacramentali particolare.
L'ufficiale dovrà compilare un certificato con i dati anagrafici delle parti, il regime patrimoniale prescelto (che in mancanza di scelta contraria resta la comunione dei beni), "l'indirizzo della vita familiare e la residenza comune" e l'atto sarà registrato nell'archivio dello stato civile.
Non potrà unirsi civilmente chi è ancora sposato, chi ha legami di parentela, chi ha commesso un omicidio (o un tentato omicidio) nei confronti di un precedente coniuge o membro di un'unione civile.
Quanto allo scioglimento, infine, il testo riprende gran parte delle norme relative alle cause di divorzio, potendo applicarsi anche le discipline acceleratorie oggi previste (come la negoziazione assistita), saltando però la separazione.
La convivenza registrata
La legge Cirinnà disciplina anche le convivenze di fatto, relative sia alle coppie eterosessuali che omosessuali, tra "due persone maggiorenni unite stabilmente" da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.
La dichiarazione di convivenza può essere sia inviata direttamente all'ufficio anagrafe del comune di residenza, sia attraverso fax, posta o telematicamente.
Il partner che provvede a compilare la dichiarazione di convivenza sarà quello "che dirige la convivenza".
Anche ai conviventi di fatto sono estese alcune prerogative che spettano oggi ai coniugi, tra cui: i diritti previsti dall'ordinamento penitenziario; il diritto di visita in ambito sanitario; la facoltà di designare il partner come rappresentante (anche per le decisioni sulla scelta di donare gli organi); i diritti inerenti la casa di abitazione; il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (ecc.).
Per il resto, la legge rinvia ad appositi "contratti di convivenza" che serviranno a regolare la vita in comune.
I contratti di convivenza
I conviventi possono decidere di regolare i rapporti economici e patrimoniali di coppia, attraverso un apposito contratto di convivenza, sottoscritto, sotto forma di atto pubblico o scrittura privata, da un notaio o da un avvocato. Il contenuto del contratto può essere molto ampio (trattando materie come: il luogo di residenza, la reciproca contribuzione, il regime della comunione dei beni, ecc.); l'unico limite da rispettare è che le questioni trattate devono essere inerenti ai rapporti patrimoniali della coppia (mentre non possono trovare spazio tematiche di natura strettamente personale, come la vita sessuale).
Il professionista incaricato è tenuto inoltre a registrare il contratto all'anagrafe di residenza dei due conviventi entro 10 giorni dalla stipula.
La presenza di uno dei due professionisti è necessaria altresì per qualsiasi modifica o risoluzione del patto stipulato.
La risoluzione è possibile nei casi indicati dalla stessa legge, ossia: per la morte del partner; per recesso unilaterale o accordo tra le parti; nell'ipotesi di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.
Alla cessazione della convivenza potrà conseguire altresì il diritto agli alimenti in capo ad uno dei due partner. Tale diritto deve essere affermato dal giudice, in base allo stato di bisogno in cui versi il convivente e all'impossibilità di provvedere al proprio mantenimento.
Legge n. 76/2016• Foto: 123rf.com