Il 19 gennaio scorso il Senato ha definitivamente approvato una legge, risultante dall'unificazione di alcune iniziative parlamentari, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari La riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione ha previsto che lo Stato ha la legislazione esclusiva nella materia dei rapporti dello Stato stesso con l'Unione europea; le Regioni hanno una competenza legislativa concorrente nelle materie relative ai rapporti delle Regioni stesse con l'Unione europea. Con specifico riferimento alla partecipazione delle Regioni e delle province autonome alla fase ascendente del diritto comunitario, la Costituzione ha affidato alla legge statale il compito di disciplinarne le norme procedurali, mentre nella fase discendente alla legge statale viene demandato il compito di regolare le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza delle Regioni. In questa direzione, il nuovo articolo 120 della Costituzione rinvia alla legge statale la disciplina di questi poteri sostituitivi nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. La c.d. legge "La Loggia" ha dunque indicato le nuove procedure per la partecipazione delle Regioni ai processi decisionali comunitari, con un impianto salvaguardato dalla Corte costituzionale, la quale pur riconoscendo alle Regioni un ruolo di primo piano in questo processo, da un lato, ha ribadito la responsabilità dello Stato circa l'adempimento degli obblighi comunitari, dall'altro, ha affermato che la soggettività comunitaria delle Regioni e delle province autonome presuppone un processo decisionale organizzato sempre in modo tale da preservare un adeguato coinvolgimento delle competenti amministrazioni statali. In questo importante complesso normativo si inserisce la nuova legge in esame, di modifica della c.d. "legge La Pergola" che ha lo scopo creare nuovi strumenti atti a garantire la partecipazione del Parlamento, delle Regioni, degli enti locali e delle parti sociali alla formazione del diritto comunitario. Nel testo vi è il riconoscimento di una situazione (di fatto) sulla facoltà per le Regioni di dare diretta attuazione agli obblighi comunitari, confermando la natura di multilevel government. Viene istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei, cui è attribuita la funzione di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nell'ambito della cosiddetta fase ascendente del diritto. Il potere attribuito al Presidente della Conferenza dei presidenti delle Regioni di partecipare al comitato interministeriale suddetto "quando si trattano questioni che interessano anche le Regioni e le province autonome", rafforza la posizione delle Regioni nella partecipazione al processo decisionale europeo. La legge, inoltre, nel dettare le norme relative alla partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti comunitari, attribuisce al Governo una serie di compiti intesi a garantire che il Parlamento disponga di un quadro informativo ampio e completo per elaborare osservazioni e indirizzi. La legge introduce e disciplina il nuovo istituto della riserva parlamentare, idoneo ad assicurare un significativo potere di indirizzo al Parlamento nazionale; nei casi di particolare importanza di progetti, di atti comunitari, il Governo può apportare in sede di Consiglio dei Ministri dell'U.E., una riserva di esame parlamentare. La legge indica, altresì, le procedure tese a consentire la partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla fase ascendente del processo normativo comunitario, rafforzando i procedimenti informativi. Viene anche disciplinata la partecipazione degli enti locali alla fase ascendente del processo normativo comunitario, prevedendo l'obbligo di trasmettere direttamente alla Conferenza Stato-città e autonomie locali i progetti riguardino questioni negli ambiti di competenza degli enti locali. Per quanto riguarda la cosiddetta fase discendente, la legge stabilisce che lo Stato, le Regioni e le Province autonome, nelle materie di propria competenza, sono tenuti a dare tempestiva attuazione alle direttive comunitarie, e delinea la procedura informativa prodromica all'emanazione della legge comunitaria. La legge prevede la possibilità che, nelle materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato e non coperte da riserva assoluta di legge, le direttive comunitarie siano attuate mediante regolamenti governativi o di delegificazione. In relazione a quanto previsto dalla Costituzione, nelle materie di competenza regionale, è prevista una temporanea eccezione (cioè vale la clausola di cedevolezza) al principio generale, in quanto è possibile il ricorso a questi regolamenti nel caso di esercizio del potere sostitutivo per inadempienza regionale. La legge detta, altresì, la disciplina per l'attuazione delle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione, prevede una Relazione annuale del Governo al Parlamento sui profili di interesse comunitario, e definisce il ruolo delle Regioni e delle Province autonome nella fase discendente del processo normativo comunitario. Viene regolata la sessione comunitaria della Conferenza Stato-Regioni, e viene istituita una sessione comunitaria anche presso la Conferenza Stato-città e autonomie locali.
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