di Marina Crisafi - "Grazie all'impegno civile, decennale, di tutte le Associazioni dei familiari delle vittime di stragi, a breve, il depistaggio sarà un reato del codice penale". Così, Paolo Bolognesi, deputato Pd e presidente dell'Associazione 2 agosto 1980, ha salutato l'approvazione da parte della commissione giustizia del testo del disegno di legge che introduce il reato di frode in processo penale e depistaggio (qui sotto allegato), di cui lo stesso è primo firmatario.
Dopo quasi due anni dal sì della Camera, nel settembre del 2015, il ddl approvato dal Senato con modificazioni il 26 maggio scorso, approda quindi in aula, a Montecitorio, per il voto definitivo.
"Nel nostro recente passato, come nel presente, attraverso il depistaggio delle indagini si è garantito l'impunità di esecutori e mandanti delle stragi e di qualsiasi altro crimine" ha sottolineato Bolognesi e ciò perché il "reato attualmente non è perseguibile - semplicemente perché - nel codice penale non esiste".
Il nostro ordinamento infatti per chi depista prevede meramente una "condanna per il reato di falsa testimonianza o soppressione, omissione di atti d'ufficio, condotte minori che non comprendono l'articolata e criminosa attività depistatoria".
Pene minime, insomma, quasi sempre cancellate dalla prescrizione. E il riferimento è alle pagine più sanguinose della storia del nostro Paese, da piazza Fontana a via d'Amelio, da Bologna a Ustica, scandite da trame occulte, da sviamenti della verità che hanno consentito l'impunità dei colpevoli.
Ora, questo dovrebbe finire. Il sì definitivo, che potrebbe arrivare già domani, "porrà fine - ha concluso Bolognesi - a questa vergognosa immunità normativa data, fino ad oggi, ai depistatori e tutelerà il diritto alla giustizia e alla verità di ogni cittadino".
Il nuovo reato infatti dovrebbe rappresentare un forte deterrente per chi vuole sbarrare la strada alle inchieste, con pene che arrivano a 12 anni di carcere e in alcuni casi fino a 20.
Ecco in breve i contenuti del ddl:
Il nuovo reato
Il ddl domani alla Camera rubricato (a seguito delle modifiche apportate dal Senato) "Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio" novella l'art. 375 c.p. punendo con la reclusione da tre a otto anni (salvo che il fatto non costituisca più grave reato), il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale:
- "immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato";
- richiesto dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria, di fornire informazioni in un procedimento penale "afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito".
La pena è aumentata, inoltre, da un terzo alla metà, se il fatto è commesso "mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento".
La reclusione sale da 6 a 12 anni se i fatti sono commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale in relazione ai delitti di associazioni sovversive con finalità terroristiche, attentato contro il presidente della Repubblica o contro la Costituzione, devastazione, saccheggio e strage, sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, strage e associazioni segrete (ecc.), ma anche per i reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque in relazione ai procedimenti per reati più gravi.
Le attenuanti
La pena è diminuita invece dalla metà fino ai 2/3 nei confronti di colui che "si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori - ovvero per chi aiuta - concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto dell'inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori".
Le attenuanti (diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 e dal 4° comma) che concorrono con le aggravanti, non possono ritenersi equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime "e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti".
La condanna alla reclusione, superiore a tre anni, comporta altresì l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; le pene si applicano anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato sono cessati dall'ufficio o dal servizio.
La punibilità, infine, è esclusa se si tratta di reato per il quale deve procedersi a querela, richiesta o istanza e questa non è stata presentata.
Circostanze aggravanti
Ancora più dura sarà la sorte di chi si macchia di "falsità" nelle informazioni rese al pm, nelle dichiarazioni al difensore, nella testimonianza (ecc.). Nei casi previsti, dagli artt. 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 375, se dal fatto commesso deriva una condanna non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dieci anni; se dal fatto deriva invece una condanna superiore a cinque anni, la reclusione è da sei a quattordici anni. Più grave il rischio per chi incolpa deliberatamente degli innocenti: se dal fatto deriva una ingiusta condanna all'ergastolo, infatti, la pena va dagli otto ai vent'anni di carcere.
Stretta sulla frode processuale
Il ddl interviene anche sulla frode processuale, con un netto giro di vite in termini di pena.
La fattispecie, oggi punita dall'art. 374 c.p. con il carcere da sei mesi a tre anni, sarà sanzionata con la reclusione da uno a cinque anni.
Disegno di legge reato di depistaggio• Foto: 123rf.com