di Marina Crisafi - Spiagge libere per almeno il 60%, premi per la qualità della gestione, canoni adeguati, trasparenza controlli e legalità. Sono le proposte avanzate da Legambiente, per la riforma delle concessioni demaniali marittime e lacustri.
Sulla questione, come noto, è intervenuta la Corte di Giustizia Europea il mese scorso bocciando la proroga automatica decisa dal nostro paese fino al 31 dicembre 2020. Con il d.l. enti locali, si è trovata una "soluzione ponte" in attesa dell'avvio dell'iter di riforma che dovrebbe iniziare dopo la pausa estiva (leggi: "Il d.l. enti locali è legge. Tutte le novità") ma "la sentenza europea non lascia più spazio a nessuna possibilità di rinvio e, sulla questione demanio, è ora urgente e fondamentale che l'Italia dia il via ad una riforma che punti su trasparenza, legalità e libero e gratuito accesso e transito al mare", dichiara il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini.
Servono quindi "regole chiare per garantire che almeno metà delle spiagge siano libere e nuovi criteri per gare pubbliche che premino coloro che rispettano l'ambiente, puntando su un turismo di qualità e sostenibile. Solo così - aggiunge Zanchini - si potrà porre fine a questo far west selvaggio che non fa bene al Paese" restituendo "ai cittadini una parte di mare troppo spesso negato".
Ecco nel dettaglio le proposte di Legambiente:
Quota minima di spiagge libere
Stabilire una quota minima di spiagge libere, almeno del 60%. In Francia, ad esempio, le spiagge di libera fruizione arrivano all'80%, mentre in Italia, in molte regioni addirittura non ci sono leggi che regolano i limiti e in diversi comuni è diventato difficile trovare spiagge libere.
Premiare le gestioni di qualità
Le gare, secondo Legambiente, dovrebbero premiare la qualità nella gestione, costruendo le condizioni per un modello trasparente di gestione delle concessioni.
Nella legge si dovrebbero introdurre obiettivi e criteri in modo da premiare i progetti che mirano ad una gestione sostenibile, aiutando per questa via anche le molteplici imprese familiari che hanno intrapreso questa strada.
Convenzione tipo
Ad essere importante, inoltre, è la previsione di una convenzione nazionale tipo, riguardante sia gli stabilimenti balneari che il semplice affitto di sdraio e ombrelloni, che stabilisca criteri precisi e obiettivi da raggiungere, in termini di posti di lavoro, accessibilità, tutela ambientale e innovazione.
Canone minimo nazionale
Date le differenze "scandalose" tra le imprese del settore che mostrano in determinate realtà italiane canoni bassissimi e in altre guadagni milionari, occorre fissare un canone minimo nazionale per le concessioni balneari, consentendo alle regioni di introdurre premi e sanzioni in base alla modalità di gestione e agli interventi messi in atto dal concessionario e lasciando la quota maggiore dei canoni ai comuni con un vincolo di destinazione specifico (combattere l'erosione costiera, demolire edifici abusivi, ecc.).
Il portale delle concessioni
Altro punto essenziale della proposta è quella di istituire un portale nazionale delle concessioni gestito dal ministero dell'ambiente. Ciò contribuirebbe a fare chiarezza nella "selva" delle concessioni esistenti, sui diversi canoni applicati e sulle modalità di controllo regionali, premiando la trasparenza e le imprese che investono nella qualità.
Controlli e legalità
Garanzia di controlli e legalità sulle coste, chiarendo responsabilità e ruoli e introducendo sanzioni efficaci. Infine, tra le proposte, c'è la previsione di assicurare procedure certe per la demolizione degli edifici abusivi che degradano il paesaggio e interventi immediati per punire i reati lungo le coste.