di Valeria Zeppilli - L'obbligo della formazione continua degli avvocati, previsto sia nel vecchio che nel nuovo Codice deontologico forense, ha avuto una prima concretizzazione nel nostro ordinamento con un regolamento del Consiglio Nazionale Forense del luglio 2007.
L'importanza di coltivare le competenze a vantaggio dell'interesse pubblico a che la prestazione professionale sia svolta in maniera corretta e la giustizia sia amministrata nel migliore dei modi, tuttavia, ha trovato la sua definitiva consacrazione solo nell'articolo 11 della legge n. 247/2012 (contenente la nuova disciplina dell'ordinamento professionale forense) e nel relativo regolamento attuativo del CNF n. 6/2014.
Oggi, quindi, la formazione continua rappresenta un vero e proprio obbligo di legge.
Sessanta crediti in tre anni
L'obbligo formativo viene adempiuto partecipando a convegni o corsi accreditati o svolgendo altre attività formative ritenute idonee a tal fine dall'articolo 13 del regolamento, come ad esempio pubblicando saggi o articoli di carattere giuridico su riviste specializzate.
Si precisa che mediante eventuali corsi a distanza o in e-learning possono essere maturati al massimo il 40% del totale dei crediti.
Il periodo di valutazione della formazione è triennale e quello attuale va dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016: la scadenza è quindi prossima.
È pertanto opportuno ricordare che nell'arco di tale periodo ogni avvocato deve maturare 60 crediti professionali (di cui almeno 15 ogni anno) e che non meno di 9 di essi (di cui almeno 3 per ogni anno) devono riguardare la deontologia forense.
Sanzioni
Il Regolamento n. 6/2014, al comma 10 dell'articolo 25, precisa che in caso di violazione del dovere di formazione e di aggiornamento professionale e in caso di mancata o infedele attestazione di adempimento degli obblighi, gli avvocati andranno incontro a sanzioni: tali comportamenti, infatti, costituiscono infrazioni disciplinari.
Tuttavia, non viene fissata un'unica e precisa sanzione ma si stabilisce soltanto che essa è commisurata alla gravità della violazione.
In coerenza con l'articolo 21 del codice deontologico forense sarà quindi compito degli organi disciplinari quello di determinare la conseguenza adeguata e proporzionata all'inottemperanza dell'avvocato.