Non è indennizzabile l'infortunio in itinere accaduto al lavoratore sulle scale condominiali, mentre si sta andando in ufficio. È quanto deciso dal Tar del Lazio ? Sezione II bis - con sentenza n. 2695 del 13.4.2005; è come dire che anche nella sfortuna bisogna essere fortunati. Il D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, all'articolo 12 ? Infortunio in itinere ? aggiunge all'articolo 2 e 210 del testo unico n. 1124 del 30.6.1965 la seguente disposizione: ?Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida?. L'inciso ?percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro?, contenuto nella citata disposizione, è stato interpretato dai giudici amministrativi come percorso che ha inizio da quando il lavoratore si immette nella pubblica via e non da quando chiude la porta della propria abitazione; per intenderci meglio, secondo i giudici il percorso ?abitazione?pianerottolo?scale?portineria? inizio strada? non è indennizzabile. Per i giudici amministrativi, pertanto, l'accezione di ?abitazione?, da cui prende avvio il percorso o il tragitto che il dipendente deve necessariamente seguire, per recarsi dalla propria casa all'ufficio, non può che comprendere anche le scale condominiali. E, per converso, sempre secondo i giudici, affinché possa gravare sulla comunità il rischio generico della ?strada? nell'infortunio in itinere, la distanza che il dipendente e' tenuto a coprire per raggiungere il luogo di lavoro, non può che essere il percorso stradale, vale a dire quello delle ordinarie vie di comunicazione che si dipartono dall'edificio di cui fa parte la casa di abitazione. Tale convincimento, è scritto nella motivazione, si rivela, invero, vieppiù rispondente alla ratio dell'istituto, che e' quella di indennizzare il lavoratore degli effetti nocivi di un accadimento, che abbia a verificarsi, senza alcuna sua rilevante e diretta responsabilità, in un ambito esterno alla sua sfera di privata autonomia. I giudici amministrativi, in effetti, si sono uniformati a quanto già sostenuto sulla questione dalla suprema corte, con sentenza n. 9211 del 9 giugno 2003. In quella sentenza la cassazione, infatti, aveva affermato che l'infortunio "in itinere", come tale indennizzabile nell'ambito della tutela del lavoratore contro il rischio di infortuni sul lavoro, non è configurabile - oltre che nell'ipotesi di infortunio subito dal lavoratore nella propria abitazione (o nel proprio domicilio o dimora) - anche in quella di infortunio verificatosi nelle scale condominiali od in altri luoghi di comune proprietà privata, atteso che l'indennizzabilità (come risulta chiaramente anche dalle nuove disposizioni di cui all'art. 12 del D.Lgs. n. 38 del 2000) presuppone che l'infortunio si verifichi nella pubblica strada o, comunque, non in luoghi identificabili con quelli di esclusiva (o comune) proprietà del lavoratore assicurato. Per la verità dalla disposizioni legislativa dianzi riferita non risulta in modo così chiaro, come sostengono i giudici della cassazione, che l'infortunio per essere indennizzabile debba verificarsi esclusivamente sulla pubblica via. Certo si può dedurre con ragionevole certezza quanto da essi affermato, ma trattasi appunto di deduzione frutto di un'interpretazione della norma e non della semplice lettura della stessa. È indubbio che l'orientamento giurisprudenziale appena esposto nell'esaminare le questioni legate all'infortunio in itinere pone l'accento sull'elemento rischio ?generico della strada?, sul presupposto che la ?ratio dell'istituto è quello di indennizzare il lavoratore degli effetti nocivi di un accadimento, che abbia a verificarsi, senza alcuna sua rilevante e diretta responsabilità, in un ambito esterno alla sua sfera di privata autonomia?; così i giudici nella sentenza in esame. Per quanto giuridicamente corretto possa essere l'orientamento giurisprudenziale, il dubbio sul perché non si prenda in considerazione anche l'aspetto ?teleologico? del percorso e, di conseguenza, una sua diversa collocazione, assale chi, nonostante l'infortunio si sia verificato durante un percorso?necessitato?, solo ed esclusivamente per andare in ufficio e non per fatti personali, non vede riconoscersi la relativa indennità. L'uscita di casa, ad un determinato orario, di un lavoratore non risultante in malattia né in ferie né in altro permesso che lo autorizzi a non andare al lavoro, non può non significare che lo stesso si appresta a recarsi in ufficio. Fatti salvi, quindi, gli infortuni che occorrono nella propria abitazione, intesa come appartamento, e gli eventi eccezionali che la norma ritiene come causa di esclusione dell'indennità, non si comprende per quale motivo si debba considerare il percorso dall'inizio della pubblica via e non dall'uscita dalla propria abitazione. I giudici amministrativi considerano, giustamente, le scale come proprietà riferibile pro-quota ai singoli appartamenti, ma tale ragionamento valido da un punto di vista teorico potrebbe appare incomprensibile, ai non addetti ai lavori, da un punto di vista sostanziale. Come sopra riferito, nelle motivazioni della sentenza è detto che ?la ratio dell'istituto è quella di indennizzare il lavoratore degli effetti nocivi di un accadimento, che abbia a verificarsi, senza alcuna sua rilevante e diretta responsabilità, in un ambito esterno alla sua sfera di privata autonomia?. Ora, se è vero, com'è vero, che le scale condominiali appartengono anche al singolo condomino, ci si chiede se esse sono da considerarsi sotto la ?rilevante ed diretta responsabilità? dello stesso, o piuttosto, come ambito esterno, quanto meno parziale, alla sua (esclusiva) sfera di privata autonomia (uso di terzi delle scale !), in cui potrebbero verificarsi ?effetti nocivi? di un accadimento. Sulla base di quanto appena osservato, risulta un po' difficile distinguere tra una distorsione della caviglia capitata sulle scale condominiali, con percorso per l'ufficio già iniziato, ed una capitata per strada, verificatesi entrambe con le stesse modalità e senza l'intervento volontario o involontario di terzi. De iure condendo si spera si prendano in considerazione, nella giusta misura, anche gli aspetti appena evidenziati oltre a quelli ai quali attualmente la giurisprudenza è ?costretta? a far riferimento sulla base della normativa vigente. (Nota del Dott. Teodoro Elisino)
TAR Lazio, sez. II bis, sentenza 13 aprile 2005 n° 2695 )
TAR Lazio, sez. II bis, sentenza 13 aprile 2005 n° 2695 )
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