di Gabriella Lax - Era la sua tata ed avrebbe dovuto tenere il bimbo per poche ore al giorno e ora si ritrova affidataria della stesso minore per la sentenza 82/2016, con la quale il Tribunale per i Minorenni di Salerno (il documento è pubblicato sul sito del Sole24Ore) si è pronunciato sul caso della madre naturale che ha lasciato il figlio di appena cinque mesi ad una tata da lei ingaggiata.
La vicenda
La tata, con alle spalle una famiglia di cinque figli e marito con lavoro stagionale, accoglie il minore denutrito e debole fino ad accudirlo gratuitamente ed a tempo pieno. Intanto la madre naturale alterna periodi di assenza a visite sporadiche ed i coniugi continuano a prendersi cura del minore. Dopo circa un anno il presunto padre del piccolo, di origini straniere, vuole conoscere il minore e chiede di vederlo un'unica volta e nell'occasione gli scatta delle foto dichiarando di volerle pubblicare su internet. Circostanza questa che genera timori nei coniugi. Paure amplificate dalla richiesta della madre naturale di ottenere un certificato valido per l'espatrio per il minore. I coniugi vorrebbero denunciare il tutto alle autorità ma temono di perdere il bambino. Solo nell'aprile 2014, i coniugi comprendono che è giunto il momento di chiarire la posizione giudica del minore, chiedono alla madre naturale di dare il consenso per l'affidamento legale in loro favore. La risposta negativa viene motivata dalla affermazione che "il padre vuole il minore subito per portarlo nel suo paese". L'uomo e la donna temono la peggio e preoccupati presentano un esposto alla Procura
della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, avanzando una contestuale istanza di affidamento a tempo indeterminato ex l. 184/83 e l. 149/01. Una mossa che, temevano, rischiava di compromettere del tutto le cose, dato che avevano omessi di denunciare lo stato di abbandono entro sei mesi, correndo dunque il pericolo di non essere considerati idonei per una potenziale futura adozione e di vedere valutata la loro condotta anche dal punto di vista penale. Il Tribunale, però, con verifiche tramite assistenti sociali e provvedimenti provvisori, decide di collocare il minore temporaneamente presso i coniugi denuncianti, con inibizione dei genitori naturali a far visita al minore. Inoltre dall'attività istruttoria viene chiarita l'irrilevanza penale della condotta dei coniugi collocatari e viene desunta chiaramente la condotta di abbandono tanto della madre quanto del padre. I coniugi valutano la richiesta di adozione che però potrebbe essere a rischio per una serie di problemi: per aver omesso di denunciare lo stato di abbandono nei termini di legge, per godere di poche risorse economiche, per non possedere il requisito di età del limite massimo di 40 anni (tra loro ed il minore) e per mancanza di assenso dei genitori naturali all'adozione. Tuttavia ex art. 46 l. 184/1983 il giudice può accordare l'adozione a prescindere dal rifiuto dei genitori naturali, essendo decaduti dalla responsabilità genitoriale, ed in merito al requisito richiesto dalla legge sulle adozioni ex art. 6 l. 183/84, ovvero la differenza di età di non più di 40 anni, la sentenza n. 283/99 della Corte Costituzionale ha affermato il principio secondo il quale la differenza massima di età di 40 anni tra adottati ed adottanti non può essere assoluta.La decisione
La sentenza del tribunale accoglie in pieno l'istanza di adozione, dichiarando l'adozione del minore in casi particolari in favore dei coniugi già affidatari. Considerato che il minore "ha stabilito rapporti estremamente solidi e significativi con i ricorrenti e con l'intero nucleo familiare degli stessi; considerato che entrambi i genitori del minore sono stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale - scrive il giudice - può pronunciarsi comunque l'adozione in casi particolari, dovendo ritenersi il rifiuto contrario all'interesse del minore che ha stabilito con gli istanti un profondo legame e considera la famiglia affidataria quale sua vera famiglia".
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