di Valeria Zeppilli - Ormai la maggior parte delle casse previdenziali ha sposato il sistema pensionistico contributivo, con la conseguenza che il loro equilibrio finanziario può dirsi preservato, ma le tasche dei professionisti pensionati no.
A confermarlo basta un solo dato, a dir poco sconfortante: nel 2016 la pensione media erogata dalle casse di biologi, psicologi, infermieri, periti industriali, attuari e chimici, agronomi e forestali è stata di 2.224,60 euro l'anno!
Se questa cifra da sola non dovesse bastare a dimostrare che la questione è davvero seria, a tal fine è sufficiente confrontarla con l'importo dell'assegno sociale nel medesimo anno: 5.525 euro. Più del doppio.
Casse giovani
In ogni caso, un aspetto va considerato se si vuole analizzare la problematica con cognizione: queste casse sono state istituite con la legge numero 103/1996 e quindi sono molto giovani.
Tuttavia, trasportandoci con l'immaginazione alla situazione che i loro pensionati vivranno tra qualche anno, si può tranquillamente affermare che, pur se ovviamente migliore, non sarà di certo positiva.
È il chiaro prezzo del contributivo: o l'aliquota è esagerata, come quella applicata dalla gestione separata Inps o quella che sopportano coloro che optano per i versamenti volontari, o da pensionati, se si è avuto un reddito medio, si fa la fame.
E gli avvocati?
La questione delle casse del 1996, proiettata nel lungo periodo, non è dissimile da quella che vivono oggi gli avvocati.
Sebbene per essi viga un sistema retributivo misto e i professionisti del foro, più che molti altri, possano contare sulla solidità di Cassa Forense (che non ha oggi né avrà in futuro problemi a pagare le pensioni), il problema del mondo dell'avvocatura è lo stabile abbassamento dei redditi. Ciò significa che i giovani di oggi non potranno contare sulla bella pensione dei loro maestri.
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