di Lucia Izzo - Dopo un anno di ritardo e di attese, il travagliato iter del "Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno" sembra finalmente approdato al capitolo finale (per approfondimenti: Mantenimento: al via l'aiuto di Stato per l'assegno all'ex).
Il decreto attuativo del 15 dicembre 2016, destinato a sbloccare lo stanziamento dei fondi ai beneficiari, è giunto in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 gennaio rendendo di fatto operativa la misura istituita con la penultima legge di stabilità (L. n. 208/2015).
Questa ha istituito, per gli anni 2016 e 2017, un "Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno", presso il ministero della Giustizia allo scopo di fornire un sostegno economico al coniuge in caso di inadempimento dell'obbligo di mantenimento.
Per il 2016 la dotazione stanziata è pari a 250mila euro, mentre per il 2017 sono previsti 500mila euro. Si tratta, come precisato dalla stessa legge, di una misura dal carattere sperimentale, la quale verrà applicata solo in alcuni Tribunali in cui si potranno presentare le relative istanze.
Chi può accedere al fondo?
Dalla lettura congiunta della legge e del D.M. del 15 dicembre 2016, richiedente potrà essere il coniuge separato in stato di bisogno con il quale convivono figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave, che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e della prole, qualora non abbia ricevuto l'assegno periodico a titolo di mantenimento, determinato ai sensi dell'articolo 156 del Codice civile, per inadempienza del coniuge che vi era tenuto.
In primis, deve trattarsi di genitore convivente (intesa come collocazione prevalente) con i figli comuni dei coniugi, come risulta dai dati anagrafici che andranno presentati. L'impasse quanto all'unito civilmente, stante l'equiparazione ai coniugi stabilita dalla legge n. 76/2016, va così superata: il richiedente, infatti, deve essere "separato" e non deve aver ricevuto l'assegno di separazione che non è previsto né per gli uniti civili, né per il coniuge divorziato, per i quali, in luogo dell'assegno di mantenimento
, spetta un assegno c.d. divorzile che a questo non è assimilabile. Ancora, non è equiparabile al beneficiario così individuato il convivente di fatto titolare di assegno alimentare ex articolo 1, comma 65, legge n. 76 del 2016.Presumibilmente, trattandosi di una misura sperimentale e dai fondi limitati, il legislatore ha preferito tutelare maggiormente la famiglia, fondata sul matrimonio, il cui vincolo non è ancora del tutto disgregato, pertanto non è stato accordato l'accesso al Fondo nè all'ex coniuge nè all'ex unito divorziato.
Criticità interpretative dovute alla fase "sperimentale", si riscontrano anche nel fatto che la legge non ha preso in considerazione né i figli maggiorenni non indipendenti economicamente, né i genitori di figli nati fuori dal matrimonio, nonostante l'uguaglianza dei figli innanzi alla legge.
Quanto all'assegno ex art. 156 del codice civile contenuto, si tratta di quello previsto in una separazione consensuale ritualmente omologata oppure in una sentenza di separazione esecutiva sul punto, o ancora stabilito dai coniugi a seguito di accordo di separazione assistita (autorizzato dal P.M. stante la presenza di figli minori o maggiorenni portatori di handicap). Poiché gli accordi conclusi innanzi all'Ufficiale di Stato civile non possono essere stipulati in presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di grave handicap, deve ritenersi inutilizzabile questo titolo ai fini dell'accesso al fondo.
Come accedere al Fondo
Per accedere al Fondo è necessario utilizzare l'apposito modulo (Form), a pena di intrasmissibilità della domanda, predisposto dal Ministero e che sarà disponibile a partire dal 13 febbraio 2017 sul sito del Ministero (www.giustizia.it), in un'apposita area denominata denominata "Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno"
L'istanza dovrà contenere, a pena di inammissibilità e con dichiarazione resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000: le generalità e i dati anagrafici del richiedente; il codice fiscale; l'indicazione degli estremi del proprio conto corrente bancario o postale; l'indicazione della misura dell'inadempimento del coniuge tenuto a versare l'assegno di mantenimento, con la specificazione che lo stesso è maturato in epoca successiva all'entrata in vigore della legge.
Infatti, il decreto attuativo precisa che l'accesso al Fondo è consentito solo se l'inadempimento del coniuge onerato sia maturato successivamente all'entrata in vigore della legge n. 208/2015, quindi successivo al 1° gennaio 2016. Siccome il richiedente deve "specificare la misura dell'inadempimento", ne consegue che anche l'inadempimento parziale o inesatto possono giustificare l'accesso al fondo, circostanza per la quale a seguito della legge n. 208 si erano sollevati dubbi.
Ancora, il richiedente dovrà indicare se il coniuge inadempiente percepisca redditi da lavoro dipendente e, nel caso affermativo, indicare che il datore dei lavoro si è reso inadempiente all'obbligo di versamento diretto a favore del richiedente a norma dell'art. 156, sesto comma, del codice civile.
Inoltre, sono necessarie: l'indicazione che il valore dell'indicatore ISEE o dell'ISEE corrente in corso di validità è inferiore o uguale a euro 3.000; l'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata a cui l'interessato intende ricevere ogni comunicazione relativa all'istanza; la dichiarazione di versare in una condizione di occupazione, ovvero di disoccupazione ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 150/2015, senza la necessità della dichiarazione al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all'art. 13 del medesimo decreto; in caso di disoccupazione, la dichiarazione di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni.
Gli adempimenti non finiscono qui, poichè all'istanza dovranno essere allegati, a pena di inammissibilità: copia del documento di identità del richiedente e copia autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo, ovvero copia della dichiarazione negativa del terzo pignorato relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti del coniuge inadempiente;
la visura rilasciata dalla conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente da cui risulti l'impossidenza di beni immobili; l'originale del titolo che fonda il diritto all'assegno di mantenimento, ovvero di copia del titolo munita di formula esecutiva rilasciata a norma dell'art. 476, primo comma, del codice di procedura civile.
Tribunali legittimati
L'istanza di accesso al Fondo, redatta in conformità al "form", andrà poi depositata presso la cancelleria del Tribunale competente, del luogo ove ha residenza, per l'anticipazione di una somma non superiore all'importo dell'assegno medesimo. Il procedimento, come specifica la legge, non è assoggettato al pagamento del contributo unificato.
Il decreto ministeriale precisa quali sono i Tribunali legittimati a ricevere l'istanza. Si tratta di quelli che hanno sede nel capoluogo dei distretti sede delle Corti di Appello indicati nella tabella A annessa al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12.
In sostanza questi saranno i distretti di: Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L'Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Taranto, Torino, Trento, Trieste, Venezia.
Dubbi residuano quanto alla sezione distaccata della Corte di Appello di Cagliari, con sede in Sassari, ma stante la lettera dell'art.2 del decreto attuativo, nonchè la finalità della disposizione, deve ritenersi incluso anche il tribunale di Sassari.
Il sistema così predisposto registra una tangibile sproporzione quanto alla selezione operata a campione: in Sicilia, ad esempio, i richiedenti aventi diritto potranno presentare istanza in ben quattro sedi (Caltanissetta, Catania, Messina e Palermo) che coprono circa cinque milioni di residenti; in Lombardia, invece, sono solo due le sedi d'accesso, Brescia e Milano, a fronte di una popolazione residente di circa 10 milioni di persone. Un'asimmetria che non tiene conto, dunque, dei dati numerici attuali ed effettivi riguardanti la popolazione e che può solo momentaneamente giustificarsi stante la temporaneità della fase di sperimentazione.
Il procedimento
I seguito alla presentazione dell'istanza, il Presidente del Tribunale, o un giudice da lui delegato, nei trenta giorni successivi al deposito ne valuta l'ammissibilità. Quando ritiene l'istanza ammissibile la trasmette al Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia presso cui è istituito il Fondo ai fini della corresponsione della somma richiesta nei limiti indicati dalla legge (somma non superiore all'importo dell'assegno medesimo).
Se il giudice non ritiene sussistenti i presupposti per la trasmissione dell'istanza al Ministero della giustizia, provvede al rigetto della stessa con decreto non impugnabile. Tale decreto non è suscettibile di passare in giudicato, quindi l'istanza è riproponibile. Se, invece, pur sussistendone i presuposti, ritiene inammissibile l'istanza, la trasmette al Fondo indicandone le ragioni.
Il Fondo, sulla base del provvedimento adottato dal giudice, accoglie o rigetta l'istanza e provvede alla liquidazione delle istanze accolte nei limiti delle risorse finanziarie in dotazione al Fondo, pari ad euro 250.000 per l'anno 2016 ed euro 500.000 per l'anno 2017.
Liquidazione somme e revoca della misura
Il Fondo, alla scadenza di ciascun trimestre, distribuisce agli aventi diritto, le cui istanze sono trasmesse al Fondo nel corso del medesimo trimestre e secondo criteri di proporzionalità, le risorse imputate al medesimo trimestre.
Le somme non utilizzate nel corso di un trimestre incrementano le disponibilità del trimestre successivo nell'ambito dello stesso esercizio finanziario. In ogni caso, all'avente diritto non può essere corrisposta, in relazione a ciascun rateo mensile dell'assegno di mantenimento, una somma eccedente la misura massima mensile dell'assegno sociale.
Il provvedimento con cui il Ministero della giustizia accoglie l'istanza del richiedente è revocato nel caso venga accertata l'insussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per l'ottenimento delle somme, ovvero nel caso la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o sia incompleta rispetto a quella richiesta.
Sono fatte salve le eventuali conseguenze di legge civile, penale e amministrativa e, in ogni caso, si provvede al recupero delle somme indebitamente erogate.
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