Stop all'utilizzo dei dati che finiscono sul Web e che denunciano i gusti sessuali discutibili delle persone. E questo indipendentemente da chi li ha messi in rete. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha accolto, in parte, il ricorso presentato da un ispettore di polizia M. T., sospeso e poi trasferito dall'amministrazione dell'Interno dopo che un collega aveva trovato nella sua abitazione alcune immagini su Internet 'di tipo osceno e pornografico, fra le quali nonostante l'alterazione del viso del soggetto ritratto anche quelle attribuibili all'ispettore M. T. aventi contenuto omosessuale e feticista'. La cosa era stata segnalata ai superiori che avevano fatto scattare immediatamente un procedimento disciplinare nei confronti dell'ispettore sospeso e poi trasferito. L'ispettore che si era appellato alla legge 675 del '96 che tutela la privacy aveva chiesto il divieto dell'utilizzo delle immagini ma sia l'Autorita' garante che il Tribunale di Roma gli avevano dato torto. Di diverso avviso la Suprema Corte per la quale poco importa se le immagini 'dal contenuto osceno' erano state messe in rete dall'ispettore perche', per il fatto stesso di essere lesive della persona, se ne deve vietare l'ulteriore utilizzo.
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