di Valeria Zeppilli - La crisi e l'evolversi del mercato potrebbero portare ben presto a una drastica diminuzione degli avvocati: a detta del presidente di Cassa Forense, Nunzio Luciano, a breve i legali italiani saranno non più di 100mila, al massimo 120mila.
La riflessione del Presidente è emersa durante il discorso tenuto nel corso del recente Congresso Giuridico organizzato dalle Camere Civili del Triveneto e già sta facendo molto discutere. Del resto, rovescia completamente la prospettiva tradizionale che non fa altro che rimarcare le conseguenze negative del sovrannumero degli avvocati, sottolineando il lato allarmante della nuova tendenza al ribasso.
La crisi
Dietro la cancellazione degli avvocati dall'albo, infatti, si nasconde un problema profondo: quello della totale inadeguatezza della professione intesa in senso tradizionale.
Per superare la crisi è imprescindibile abbandonare l'idea che l'avvocatura possa estrinsecarsi sono nella giurisdizione e la logica monodimensionale delle toghe per affacciarsi verso le nuove richieste di imprese e cittadini, che non necessariamente passano per le aule di tribunali.
Anzi: la consulenza sta divenendo assolutamente predominante rispetto all'assistenza. Come a dire: "prevenire è meglio che curare".
Poca fiducia in avvocati e giustizia
Come stanno le cose ora, invece, l'Avvocatura ha perso il suo prestigio lasciando i più ampi spazi a medici, ingegneri e consulenti del lavoro. E non aiuta affatto la circostanza che, da quanto emerge dal rapporto commissionato recentemente al Censis da Cassa Forense, la percentuale di cittadini che sono convinti che il sistema giudiziario non riesca a tutelare adeguatamente i diritti fondamentali è addirittura del 71,6%.
Il cambiamento è quindi un dovere.
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