di Marina Crisafi - Far cadere l'incompatibilità tra il lavoro subordinato e la professione di avvocato, aprendo così anche a veri e propri contratti di lavoro all'interno degli studi legali. È quanto prevede la proposta di legge presentata nei giorni scorsi congiuntamente dalla Cgil e dagli avvocati Mga alla Camera dei deputati. Una proposta che nasce, scrive la Cgil sul proprio sito, innanzitutto dalla presa d'atto "della situazione di migliaia di avvocati sans papier che già sono di fatto 'dipendenti' di studi professionali e presentano gran parte degli elementi che identificano il rapporto di subordinazione senza goderne dei diritti (e senza beneficiare realmente nemmeno dei vantaggi e delle libertà connesse alla condizione di libero professionista)".
La pdl, che mira a modificare l'art. 19 della legge n. 247/2012, contribuirebbe per questa via, contemperandole con le previsioni della legge ordinamentale forense, a nuove "possibili modalità di inclusione di questa nuova modalità di esercizio della professione nell'alveo del contratto collettivo nazionale di lavoro 'studi professionali", facendo salva al contempo "la previsione che l'avvocato dipendente o parasubordinato rimanga iscritto alla Cassa Forense, con oneri da individuarsi in ragione della particolare figura professionale, della natura della prestazione e della nuova regolamentazione".
La proposta per abolire l'incompatibilità tra lavoro dipendente e professione di avvocato
L'iniziativa legislativa per abrogare l'incompatibilità tra lavoro subordinato e professione di avvocato è stata presentata alla Camera in questi giorni, da una delle maggiori realtà sindacali dell'avvocatura, la Mga (Mobilitazione generale degli avvocati), unitamente alla Consulta professioni della Cgil, a Nidil e Filcams. Hanno aderito anche i deputati (firmatari del testo), Chiara Gribaudo, Valentina Paris del Pd e Andrea Maestri (SI - Possibile).
Alla redazione del testo si è pervenuti anche con il coinvolgimento di moltissimi lavoratori, in una serie di assemblee promosse dai sindacati lungo lo stivale.
La proposta di legge (AC 4408) prevede, nello specifico, la modifica dell'art. 19 legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di incompatibilità dell'esercizio della professione forense. Di fatto, verrebbe in tal modo abolita l'ipotesi dell'incompatibilità tra la professione di avvocato e il lavoro subordinato o parasubordinato.
In Italia "operano circa 240mila avvocati e di questi oltre la metà (il 54,9%) è in una fascia reddituale tra zero e 20mila euro. È qui - dunque - che si annida gran parte del lavoro nero del settore" ha dichiarato il presidente di Mga, Cosimo Matteucci.
Da qui la proposta che ha il fine di "portare tanti lavoratori nella sfera della contrattazione collettiva, inserendo la loro professione nel contratto nazionale che già esiste e garantisce ottimi livelli di tutela dei diritti e delle retribuzioni a moltissimi lavoratori impiegati in studi professionali".
La ratio, dunque, ha spiegato Cristian Perniciano, della Consulta Cgil, è quella di "tutelare i diritti dei lavoratori professionisti non dipendenti perché cadendo l'incompatibilità non si potrà più mascherare con le collaborazioni o con le partite Iva il lavoro spiccatamente subordinato".
La formula proposta "è quella dell'attuale contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti di studi professionali - ha aggiunto Perniciano - perché solo con il contratto nazionale si potranno definire i parametri che in un rapporto di lavoro definiscono la subordinazione o l'autonomia di un collaboratore".
Anche se i tempi sono strettissimi, ha evidenziato Chiara Gribaudo del Pd, "ci impegneremo perché la proposta venga calendarizzata alla Camera e venga discussa in aula prima che si concluda la legislatura".
Avvocato-dipendente, l'Aiga non ci sta
I Giovani Avvocati hanno espresso la loro contrarietà alla proposta, bocciandola in toto. L'obiettivo di risolvere i problemi dei "sans papier" che esistono soprattutto tra i più giovani, spiega l'Aiga in una nota, "non può essere perseguito rinunciando alla caratteristica fondamentale della professione di avvocato, che è l'indipendenza". Regolamentare "la figura dell'avvocato mono-committente come dipendente dello studio legale non è la strada giusta da percorrere - sostiene ancora l'Aiga - in quanto, lungi dal garantirgli dignità e decoro nell'esercizio della professione forense, ne snatura invero i connotati di libero professionista".
L'associazione dei giovani avvocati auspica quindi una regolamentazione diversa della figura, tale da garantire il fondamentale nucleo di diritti e welfare, sostenendone "il presente e tutelandone il futuro" e sollecita il Cnf a portare a compimento la proposta di legge sull'introduzione del "collaboratore di studio mono-mandatario".
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