di Gabriella Lax - Non c'è nessun testo definitivo riguardo alle intercettazioni. Lo ha precisato ieri il ministro della giustizia Andrea Orlando che, a seguito della diffusione delle bozze del decreto legislativo, attuativo della delega sulle intercettazioni contenuta nella riforma del processo penale, ha fatto subito marcia indietro, affermando che sinora nulla è stato deciso e che il testo "incriminato" sarà cambiato.
Le ipotesi di articolato, in corso di esame, in ogni caso, saranno discusse già dalla prossima settimana con pm, avvocati, giuristi e rappresentanti dei giornalisti, anche perché i tempi stringono e la scadenza prevista è per i primi giorni di novembre. Entro quella data, infatti, il testo dovrà essere presentato in consiglio dei ministri, pena la scadenza della delega.
I contenuti del decreto
Mai più intercettazioni tra virgolette nei provvedimenti dei giudici, ma solo il contenuto. È questa una delle previsioni della bozza del decreto circolata nelle ore scorse che ha subito scatenato le polemiche. All'articolo 3 della bozza si legge infatti: "È fatto divieto di riproduzione integrale nella richiesta delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto". Lo stesso per le ordinanze del gip e per quelle del tribunale del riesame.
Un provvedimento che nella sua ratio voleva garantire la privacy delle registrazioni di chi finisce casualmente in un'indagine, ed escludere riferimenti alla vita privata o a terzi che con l'indagine avevano nulla a che fare. Inoltre, a proposito delle comunicazioni telefoniche tra avvocato e assistito il decreto stabilisce che "non possono essere oggetto di trascrizione, anche sommaria, e nel verbale sono indicate solo la data e l'ora". Stesso trattamento per i contenuti che non hanno rilevanza ai fini delle indagini, nonché di quelle riguardanti dati personali definiti sensibili dalla legge". Unica eccezione stabilita "quando il pm ne valuta la rilevanza per i fatti oggetto di prova" e, con decreto motivato, il pubblico ministero può disporne la trascrizione. Quanto ai trojan horse, i "cavalli di Troia", capaci di entrare nei telefoni cellulari e utilizzarli come registratori in movimento, potranno essere utilizzati limitatamente ai reati più gravi, terrorismo e delitti di mafia, ma non, ad esempio, per i reati di corruzione.
Come è stato pensato il decreto introduce altresì un archivio riservato delle intercettazioni presso l'ufficio del pubblico ministero, al quale potranno accedere (previa annotazione in apposito registro), giudice e difensori, oltre agli ausiliari autorizzati dal pm. Nella bozza di decreto, infine, si dà attuazione alla nuova fattispecie di reato per chi "al fine di recare danno all'altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza o alle quali comunque partecipa, effettuate fraudolentemente" punendolo con la reclusione fino a 4 anni.
La "smentita" del ministro Orlando
«È un testo di cui non riconosco la paternità - ha chiarito il guardasigilli». E per spiegare la firma in calce all'atto, ha spiegato: «Da un punto di partenza dovevo pur cominciare, ma alla fine la riforma delle intercettazioni non sarà quella contenuta in quelle pagine». Allo stato attuale, afferma, dunque, Orlando, «il ministero sta lavorando alla stesura del testo per dare doverosamente seguito nei termini e nei tempi prescritti alla legge delega 23 giugno 2017, numero 103 "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario"», il cui contenuto terrà conto anche dei contributi e del sapere di esponenti dell'avvocatura, di giuristi, dei capi delle maggiori procure italiane, del mondo accademico, delle Camere penali e della Fnsi che dovrebbe svolgersi tra lunedì e martedì.
Le polemiche
Il rapido passo indietro sulla bozza della riforma ha scatenato ovviamente diverse polemiche tra i vari esponenti politici. "Proprio ieri giudicavo una interessante base di partenza la bozza di delega sulle intercettazioni ed auspicavo che non ci fossero dietrofront - ha commentato l'ex ministro degli affari regionali, Enrico Costa ma - è bastato che qualcuno evocasse il bavaglio ed in 24 ore si è registrato il dietrofront più fulmineo della storia". Analogo il commento del presidente dei deputati di Alternativa popolare, Maurizio Lupi, sulla presa di distanza da parte del guardasigilli. "I tentennamenti del ministro Orlando sulle intercettazioni mi preoccupano. Ricordo a Orlando che è il ministro della Giustizia del governo Gentiloni, che sulla riforma penale si è espresso il Parlamento e che è l'indirizzo del Parlamento, sul quale è stata anche posta la fiducia, quello che il ministro della Giustizia deve attuare, non quello di alcuni organi di stampa, ai quali non è ancora stato delegato il potere legislativo" ha commentato Lupi, concludendo "non può bastare un titolo a far modificare una bozza su una materia così delicata".
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- Le intercettazioni: guida legale