di Valeria Zeppilli - Venerdì scorso, il Comitato dei Delegati di Cassa Forense ha approvato una delibera che non sta passando inosservata, posto che in essa si dispone che il contributo integrativo minimo non è dovuto per gli anni dal 2018 al 2022, pur restando dovuto il contributo integrativo del 4% del volume d'affari IVA dichiarato. Se, dunque, i Ministeri Vigilanti nulla opporranno a tale decisione, saranno ben cinque gli anni in cui il predetto contributo non dovrà essere versato.
La notizia, che arriva dalla pagina Facebook della Cassa mentre ancora di essa non c'è traccia nel sito web istituzionale, interessa un numero abbastanza cospicuo di avvocati, ovverosia tutti coloro che hanno un volume d'affari compreso tra 0 e 17.500,00 euro, fatta eccezione per quanti già possono beneficiare dell'esclusione trovandosi nei primi cinque anni di iscrizione alla Cassa.
Avvocati, principio di proporzionalità tra contributi e volume d'affari
In sostanza, viene introdotto anche all'interno di Cassa Forense il tanto agognato principio della proporzionalità tra contributi e volume d'affari dichiarato che, sebbene per ora sia circoscritto a un periodo di tempo determinato, potrebbe in futuro consolidarsi e divenire la regola.
Il vaglio dei Ministeri Vigilanti
Come detto, però, prima di esultare bisogna ricordarsi che, perché la delibera divenga effettiva, è necessaria l'approvazione dei Ministeri Vigilanti, che non è tutt'altro che scontata.
Le prime perplessità che potrebbero sorgere riguardano la decisione di inserire la novità in una semplice manovra e non in una riforma strutturale della previdenza, che tenga conto di tutte le diverse variabili.
Inoltre, e questo è un aspetto sul quale anche gli avvocati dovrebbero riflettere, la temporanea abolizione del contributo minimo comporta delle minori entrate per la Cassa che potrebbero compromettere la sostenibilità finanziaria di lungo periodo. Sotto questo punto di vista, l'assenza di una manovra strutturale potrebbe pesare parecchio.
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