di Gabriella Lax - Ancora in discussione la questione dell'equo compenso per gli avvocati è segnata da importanti novità dei giorni scorsi. In precedenza, la riforma viaggiava su due "binari": da una parte il disegno di legge all'esame della commissione giustizia della Camera e, dall'altra, la manovra di bilancio (Decreto legge n. 148/2017 "Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili") che conteneva, tra le altre, anche norme ad hoc sull'equità del compenso.
Avvocati: equo compenso ecco i 5 emendamenti approvati dalla Commissione
Nei giorni scorsi, invece, le norme relative all'equo compenso sono state eliminate dal ddl della manovra. Dunque resta in piedi quindi solo il ddl originario (v. dossier sotto allegato) che nel frattempo è stato approvato dalla commissione giustizia con emendamenti ed è ora in attesa dei dovuti pareri per approdare in aula.
Tra gli emendamenti approvati c'è la previsione di estendere l'equo compenso anche alle società tra avvocati.
In tutto cinque le modifiche che non snaturano il provvedimento: resta la ratio della tutela della professione forense rispetto ai "clienti forti"; resta il fatto che l'avvocato può chiedere al giudice la nullità clausole vessatorie e l'adeguamento dell'entità del compenso nel caso in cui non sia "proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto", tuttavia senza che la nullità travolga l'intera convenzione. In particolare, gli emendamenti stabiliscono che le norme sull'equo compenso riguarderanno anche le convenzioni stipulate con le società tra professionisti. Come chiarisce il relatore del Ddl Giuseppe Berretta (Pd): «Dato che la legge sulla concorrenza ha aperto la strada a questo tipo di società abbiamo ritenuto giusto estendere anche a loro questa tutela».
Sempre negli emendamenti, una integrazione dell'articolo 2 stabilisce che il carattere vessatorio di una clausola non potrà essere invocato solo se, oltre alla già prevista «specifica trattativa», ci sia stata anche la specifica «approvazione» da parte dell'avvocato. Elemento volto alla tutela della professione forense nei confronti di banche, assicurazioni e grandi imprese. Ancora, gli emendamenti contengono una precisazione sulle eventuali clausole che neghino al professionista il rimborso delle spese: deve trattarsi di spese «direttamente connesse alla prestazione oggetto della convenzione». In ultimo c'è l'ok al termine massimo di 12 mesi superato il quale il diritto a far valere la nullità decade e una puntualizzazione sull'assistenza legale nella stipula di contratti che va ricompensata a prescindere dalla loro effettiva «sottoscrizione».
La reazione della Cassa forense alla cancellazione dell'equo compenso dalla manovra
La scelta di eliminare l'equo compenso dalle misure previste nella manovra ha suscitato la reazione, in primis, dal presidente della Cassa forense, Nunzio Luciano che, come riportato dal Dubbio, commenta «è un paradosso se pensiamo a cosa facciamo noi avvocati per lo Stato italiano, e mi riferisco al sostegno finanziario che la Cassa da me presieduta mette a disposizione del Paese». Secondo Luciano, in radice, si tratta di una «norma per la redistribuzione del reddito -che - ristabilisce un principio di giustizia e redistribuisce la ricchezza» dunque pienamente legittimata ad entrare in una legge di bilancio. Consiglio nazionale forense e Cassa forense continueranno per raggiungere l'obiettivo dell'equo compenso.
Equo compenso avvocati: i margini dell'approvazione
Il ddl all'esame della commissione giustizia dovrebbe approdare in aula entro novembre per poi passare, dopo l'approvazione, al Senato per il sì definitivo. Salvo intoppi, dunque, potrebbe vedere la luce entro la fine della legislatura. Non è escluso, tuttavia, che la norma momentaneamente liquidata dalla manovra possa rientrarvi in un secondo momento, come emendamento al collegato decreto fiscale.
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