Il detenuto soffre di anoressia? Se la patologia e' tale da non potere essere fronteggiata nell'istituto penitenziario, le porte del carcere possono aprirsi in suo favore. Lo rileva la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di un ergastolano, Filippo V., affetto da un 'gravissimo deperimento psico-organico conseguente a patologia anoressica'. All'ergastolano, il deferimento della pane era stato negato dal Tribunale di sorveglianza, nell'ottobre 2004, secondo il quale 'l'art. 147 del c.p. ammette la sospensione dell'esecuzione della pena solo in caso di grave infermita' di tipo fisico e che tale non puo' essere considerata quella grave debilitazione fisica conseguente a patologia anoressica'. L'ergastolano ha presentato ricorso con successo in Cassazione. La Prima sezione penale (sentenza 41986) ha accolto la linea difesniva in quanto 'fondata'. Scrive la Suprema Corte che 'se la debilitazione fisica conseguente ad anoressia non integra di per se' e in modo automatico una grave infermita' fisica idonea a determinare il rinvio della esecuzione della pena e' principio consolidato che una sindrome ansioso-depressiva puo' costituire causa di differimento della pena quando assuma aspetti di tale gravita' da indurre una patologia fisica non fronteggiabile in ambiente carcerario o da rendere l'espiazione della pena contraria, per le eccessive sofferenze da essa derivanti al senso di umanita''. Sara' ora il Tribunale di sorveglianza di Napoli a rivalutare il caso alla luce del principio dettato da piazza Cavour.
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