di Lucia Izzo - All'avvocato è consentito dare informazioni sulla propria attività professionale "con qualunque mezzo". Una conclusione frutto dell'evoluzione normativa "liberalizzatrice" iniziata con il D.L. n. 248/2006, proseguita con l'art. 10 L. n. 247/2012 e culminata con l'art. 35 del Nuovo Codice Deontologico.
Ne prende atto il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 243/2017 (qui sotto allegata) pubblicata sul sito istituzionale lo scorso 20 aprile, ribadendo, tuttavia, che ciò deve avvenire nel rispetto dei limiti della trasparenza, verità, correttezza e purché l'informazione stessa non sia comparativa, ingannevole, denigratoria o suggestiva.
Nel caso esaminato, un avvocato era stato sospeso dall'esercizio dell'attività professionale dal COA per aver diffuso un messaggio pubblicitario e promozionale ad ampia divulgazione a seguito della pubblicazione di un box pubblicitario su un quotidiano.
Per il COA l'avvocato aveva diretto comunicazioni e informazioni sulla propria attività professionale, utilizzando in modo improprio mezzi consentiti e comunque in modo incompleto rispetto alle indicazioni normative e con contenuto, forma e modalità irrispettose della dignità e decoro della professione
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Ma il CNF "salva" il professionista ritenendo che l'evoluzione "liberalizzatrice" della normativa imponga una nuova sensibilità nella valutazione delle condotte afferenti l'attività pubblicitaria dell'avvocato.
In particolare, conclude il Collegio, non può (più) considerarsi contrario al decoro e alla correttezza un messaggio pubblicitario, che contenga tutti gli elementi richiesti dalla predetta disciplina deontologica, e che solo enfatizzi (come nel caso di specie) quello del corrispettivo, se questo risulta congruo e proporzionato all'impegno qualitativo e quantitativo richiesto dalla prestazione.
Il corrispettivo, si legge nel provvedimento, costituisce infatti "un elemento contrattuale di interesse primario per il cliente e, quindi, un elemento fondamentale per un'informazione pubblicitaria professionale corretta e completa".
Tuttavia, giova rammentare che la stessa giurisprudenza del CNF, e non solo (leggi: All'avvocato non si possono proporre compensi irrisori), ha bocciato le c.d. tariffe al ribasso in quanto l'accettazione di un incarico professionale comportante un compenso onnicomprensivo irrisorio mortifica la funzione stessa della professione forense, trattandosi di comportamento lesivo del decoro e della dignità che devono caratterizzare le attività dell'avvocato (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sent. 244/2017).
CNF, sent. n. 243/2017• Foto: 123rf.com