di Gabriella Lax - Scrivere false recensioni su TripAdvisor, nascondendosi magari sotto falsa identità è reato. Lo ha stabilito il tribunale di Lecce, condannando a 9 mesi di carcere e al pagamento di circa 8000 euro per spese e danni per il proprietario di un'agenzia che vendeva pacchetti di recensioni false a titolari di ristoranti e hotel in Italia.
Multa e carcere per chi scrive false recensioni su TripAdvisor
Recensioni su piatti che non erano nel menù da anni, oppure datate in giorni in cui i locali erano chiusi. Voti assegnati senza mai avere visitato i posti e che, però, in positivo o in negativo, falsavano la classifica di TripAdvisor derivante dalla somma delle recensioni.
La puzza di bruciato, per rimanere in tema culinario, si dev'essere sentita da lontano. Si è scoperto che il proprietario di un'agenzia vendeva pacchetti di recensioni false ai business dell'ospitalità in Italia. Con una prima storica decisione, il Tribunale penale di Lecce ha stabilito che scrivere recensioni false, nascondendosi dietro false identità è reato e, per questo, ha inflitto una condanna a 9 mesi di carcere e al pagamento di circa 8000 euro per spese e danni.
TripAdvisor si è costituita parte civile nel processo contro l'agenzia ed ha condiviso le prove raccolte dal suo team interno di investigazione frodi, fornendo il prezioso supporto dei suoi consulenti legali italiani. La stessa TripAdvisor ha dichiarato che dal 2015 sono state più di 60 aziende di recensioni a pagamento bloccate nel mondo, naturalmente è un lavoro capillare che va fatto in collaborazione con le autorità competenti e le forze dell'ordine dei singoli Paesi per supportarne i procedimenti penali.
TripAdvisor, plauso di Federalberghi e Confindustria
Dopo la decisione c'è il commento positivo di Federalberghi, secondo cui: «Va nella giusta direzione la sentenza del Tribunale penale di Lecce, che ha inflitto una pena esemplare (nove mesi di carcere) a uno "spacciatore" di fake reviews, che scriveva e vendeva recensioni false utilizzando un'identità falsa». Il problema, tuttavia, secondo Federalberghi ha dimensioni molto più vaste: «Non possiamo illuderci che possa essere risolto affidandosi al meritorio lavoro della magistratura
o alla buona volontà dei singoli». La soluzione potrebbe «risiedere in una robusta affermazione del principio di responsabilità. Il primo passo che i portali devono compiere per radicare un sistema in cui prevalgano le vere recensioni, scritte da veri clienti, che raccontano una vera esperienza, è un deciso stop alle recensioni anonime e ai nickname di comodo - dunque, in conclusione - Ognuno dev'essere libero di esprimere la propria opinione, ma l'azienda che viene recensita e le persone che leggono la recensione hanno diritto di conoscere la reale identità dell'autore e di sapere se sta raccontando frottole o un'esperienza autentica».Per Giorgio Palmucci, Presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi la sentenza «è un segnale molto importante - poiché - in questi anni abbiamo collaborato con TripAdvisor segnalando tutte le situazioni in cui venivano offerte recensioni a pagamento. Oggi questa sentenza fa giustizia per tanti operatori che lavorano con impegno e correttezza. Un precedente importante che potrà dissuadere quanti abbiano pensato di utilizzare le opportunità della rete in modo distorto».
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