La 'gravita'' e l''efferatezza' con la quale viene commesso un reato non esclude in assoluto la misura alternativa al carcere. La Corte di Cassazione, in una sua sentenza, detta ai giudici le regole alle quali attenersi quando sono chiamati a decidere se concedere misure alternative alla galera ad imputati, nonostante l'efferatezza del delitto di cui si sono macchiati. Ebbene, secondo i supremi giudici, 'la gravita' dei reati in espiazione costituisce solo il punto di partenza per l'osservazione della personalita'' del condannato 'che non puo' prescindere dalla valutazione dei pregressi compiuti dal condannato nel corso del trattamento'. Ora, il caso analizzato dalla Prima sezione penale nella sentenza 10102/06 (presidente Mario Sossi, relatore Severo Chieffi) riguarda un 54enne napoletano, G. P., condannato a trent'anni di reclusione per l'uccisione di un amico, al quale il Tribunale di Sorveglianza, nel luglio 2005, aveva negato il beneficio della semiliberta' per la efferatezza del delitto compiuto (ora la Cassazione ha accolto il suo ricorso rinviando al Tribunale di Sorveglianza di Napoli) ma, piu' in generale, le motivazioni della decisione di piazza Cavour possono, in un certo qual modo, dare una spiegazione alle polemiche scatenate in questi giorni dal regime di liberta' nel quale si trovava Mario Alessi, il manovale arrestato per il sequestro e l'uccisione del piccolo Tommaso, nonostante una condanna a sei anni per stupro.
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