Il Garante per la protezione dei dati personali commenta la sentenza della Cassazione secondo la quale non è reato filmare la vicina nuda se non ci sono tende e chiede di ripensare il reato di "interferenze illecite nella vita privata"

di Gabriella Lax - Serve ripensare le norme penali che sanzionano il reato di "interferenze illecite nella vita privata". Così Antonello Soro, Garante per la protezione dei dati personali commenta la sentenza con cui la Cassazione stabilisce che non è reato filmare la vicina nuda se non ci sono tende.

Leggi Non è reato filmare la vicina nuda se non ci sono le tende

Garante privacy, serve rivedere le norme su "interferenze illecite nella vita privata"

La Suprema corte, con sentenza

n. 372/2019, ha chiarito che non si configurano interferenze illecite nella vita privata per chi fotografa o riprende riprende la vicina dentro casa mentre esce nuda dalla doccia. Almeno se non ci sono le tende. Secondo Soro, come riporta Adnkronos, la sentenza si rifà senza dubbio, ad un giurisprudenziale consolidato, che ha come obiettivo limitare l'applicabilità del delitto di interferenze illecite nella vita privata alle riprese di comportamenti «sottratti alla normale osservazione dall'esterno». La nozione di tutela del domicilio così come riportata dalla Cassazione è limitata «a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei». Per il Garante si tratta di «interpretazione che si basa su una lettura forte del carattere "indebito" (prescritto dalla norma penale) dell'acquisizione di immagini o notizie inerenti la vita privata». In questa prospettiva, per Soro, viene meno «la sussistenza del reato rispetto a scene, pur svoltesi in luoghi di privata dimora, ma liberamente osservabili senza ricorrere a particolari accorgimenti - tuttavia, procede - la norma (o quantomeno la sua interpretazione) andrebbe ripensata, anche alla luce delle potenzialità delle nuove tecnologie e del conseguente bisogno di anticipare la soglia di tutela della privacy. La foto che - quando questo indirizzo giurisprudenziale si è formato - restava più agevolmente nella disponibilità del suo autore, più limitati essendo allora i canali di diffusione, oggi è esposta al costante e concreto pericolo di una divulgazione virale, sui social o comunque in rete, spesso anche per fini ritorsivi». E poi precisa il Garante che, pur non sussistendo la fattispecie del reato di interferenze illecite nella vita privata, non di meno potrebbe trattarsi comunque di una condotta che viola la protezione dati. Si pensi, ad esempio, al fatto che «le foto così acquisite dovessero essere comunicate a terzi o divulgate all'esterno, si integrerebbero gli estremi di illeciti amministrativi (e in alcuni casi anche penali) previsti e sanzionati, in modo assai rilevante, dalla disciplina di protezione dati».

Federprivacy, sentenza giusta ma bisogna evitare emulazione del fatto

Nonostante la giusta assoluzione pronunciata dalla Cassazione c'è però il rischio di una emulazione dei fatti, cioè dell'effettuazione di riprese senza il consenso degli interessati. Ad esprimere preoccupazione è Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy che evidenzia «Solo in rarissimi casi potrebbe essere possibile effettuare delle riprese senza il consenso dell'interessato, come ad esempio nell'esercizio del diritto di cronaca oppure nello svolgimento di indagini giudiziarie, ma l'imputato non era né un giornalista né un poliziotto, - dunque per il presidente - si tratta di una grave violazione della privacy che purtroppo non è stata finora evidenziata dai media, con il rischio che molte persone pensino che d'ora in poi sia diventato lecito filmare e fotografare chicchessia senza preoccuparsi di chiedere il preventivo consenso ai diretti interessati».


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