di Gabriella Lax - Alla base del dietro front di molti beneficiari del reddito di cittadinanza c'è la somma percepita molto più bassa rispetto a quanto si aspettassero. Ma non solo. Sembra poi però che i pentiti del reddito siano stati dissuasi dalla rete di controlli, considerato che dichiarazioni false o contenenti omissioni gravi infatti possono portare ad una condanna fino a 6 mesi di carcere. Una indagine di SosTariffe.it aiuta i consumatori a comprendere chi può verificare i movimenti di carte di credito, assegni, conti correnti e deposito e i mezzi per provare ad opporsi.
- Controlli forzosi chi può verificare il conto corrente?
- Ecco i dati che si possono controllare
- Controlli forzosi: viene in aiuto la legge sulla privacy
Controlli forzosi chi può verificare il conto corrente?
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Premesso che i controlli in passato concentrati su imprenditori e professionisti ormai sono stati estesi a tutti, solo la Guardia di Finanza e gli enti preposti (Agenzia delle Entrate e Commissione tributaria) possono effettuare controlli su tutti gli strumenti e prodotti bancari o postali. Possono proceder alle verifiche senza nessun avviso. Potranno dunque monitorare: conti deposito, le carte di credito, i prodotti finanziari, le obbligazioni e i buoni fruttiferi, oltre ai conti correnti. Nella grande anagrafe tributaria a cui hanno accesso questi enti sono visibili i rapporti dei saldi, le aperture e le chiusure di conti e gestioni patrimoniali, gli accessi alle cassette di sicurezza, i monitoraggi dell'utilizzo delle carte e molto altro. Sui conti deposito o riguardo le obbligazioni si potranno controllare acquisti e vendite, rapporti fiduciari, portafoglio titoli, ecc. E ancora, I documenti possono essere richiesti alla banca o alle Poste per le loro indagini dall'Agenzia delle Entrate (con autorizzazione del Direttore centrale o regionale dell'Ente). Ad autorizzare i finanzieri ad effettuare le opportune verifiche invece deve essere una richiesta firmata dal Comandante regionale.
Per l'accertamento comunque sono necessarie prove consistenti o segnalazioni di versamenti sospetti. Nel caso del Reddito si procede ad una verifica automatizzata tramite Anagrafe dei conti correnti.
Ecco i dati che si possono controllare
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La nota di SosTariffe ricorda poi che i controllori possono avere accesso al SID (Sistema di interscambio flussi) dell'Agenzia dell'Entrate, ossia il database che raccoglie tutte le informazioni delle banche dati di Poste italiane, degli istituti di credito.
Così potranno essere monitorati: buoni fruttiferi, fondi pensione, c/c e conto deposito titoli, obbligazioni, gestione del risparmio, gestione patrimoniale, cassette di sicurezza, così come i movimenti di bancomat, prepagate e carte di credito, finanziamenti; movimenti di incassi e pagamenti, transazioni di contante e assegni, ma anche i vaglia postale, gli strumenti finanziari, le bollette e le utenze agganciate al conto. Nessun controllo invece sui prelievi dal conto che sono liberi. Per quanto riguarda i conti passibili di verifica (la Cassazione con sentenza 104 del 4 gennaio 2019): nel caso in cui si presume che siano commesse delle irregolarità nei versamenti sul conto non c'è distinzione tra i diversi tipi di contribuente: dal libero professionista, persona fisica o impresa gli accertamenti possono procedere. Persino i lavoratori autonomi devono essere in grado di giustificare tutte le operazioni in entrata sul proprio conto corrente.
Controlli forzosi: viene in aiuto la legge sulla privacy
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Qualche barlume di speranza sembra esserci sul lato della privacy. Ad esempio, restiamo sui controlli necessari per verificare le domande per il Rdc, le procedure per effettuare questi monitoraggi potrebbero esporre banche ed enti ad una serie di reclami per la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali. Gli istituti bancari, nel caso dei conti correnti, in caso di reclamo per violazione delle normative sulla privacy dovranno dimostrare come hanno adempiuto - o perché non lo hanno fatto - alle norme prescritte dal GDPR: questo è un corollario fondamentale del principio di responsabilizzazione (accountability). Ciò comporta l'obbligo per tutti i titolari di trattamento di dimostrare, in ogni momento, che cosa è stato fatto per conservare e trattare i dati personali, come gli utenti vengono informati dei trattamenti che li riguardano (in particolare della logica del trattamento automatizzato dei loro dati), per predisporre misure di sicurezza fin dalla progettazione dei trattamenti. Anche il Garante della privacy, Antonello Soro, a febbraio 2019 ha presentato una Memoria alla Commissione Lavoro del Senato in cui evidenziava i punti più critici in tema di controlli per il Rdc e privacy. Si legge infine, in chiusura del documento che si riscontano problemi persino rispetto al sito web del Governo, dedicato al reddito di cittadinanza: "si segnala, al riguardo, che il sito rivela, già nel suo attuale stato di sviluppo, alcune carenze, in particolare, nell'informativa sul trattamento dei dati e nelle modalità tecniche della sua implementazione (che, ad oggi, comportano un'indebita e non trasparente trasmissione a terzi dei dati di navigazione, quali indirizzi IP e orario di connessione, da parte dei visitatori del medesimo sito)".