di Gabriella Lax - È stato un partecipato confronto tra le voci rappresentative dell'avvocatura italiana e i rappresentanti del mondo istituzionale e delle imprese sul tema dell'equo compenso, la manifestazione "Dall'enunciazione alla disapplicazione", organizzata dall'Organismo Congressuale Forense con la collaborazione dell'Ordine degli Avvocati di Roma presso l'aula del Consiglio dell'Ordine di Roma nel Palazzo della Corte di Cassazione.
Equo compenso, le richieste dell'avvocatura
«Il compenso equo è quello in grado di garantire la sostenibilità della professione dell'avvocato, che è una prospettiva rilevante non solo per il professionista ma anche per la collettività. Occorre evitare che l'avvocato perda la possibilità di essere la voce di chiunque». Queste parole dell'avvocato Giovanni Malinconico, coordinatore dell'Organismo Congressuale Forense restituiscono in pieno il senso dell'importanza dell'equo compenso.
Malinconico: «Battaglia fondamentale per garantire l'indipendenza e la libertà dell'avvocatura»
L'appuntamento ha registrato la partecipazione di centinaia di avvocati e, grazie al collegamento in streaming, di oltre 30 organizzate dagli Ordini territoriali su tutto il territorio nazionale. Malinconico ha poi evidenziato l'apprezzamento per l'impegno assunto dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per la concreta attuazione della disciplina dell'equo compenso ed il potenziamento delle azioni contro l'elusione della legge. Apprezzamento anche per le dichiarazioni del Sottosegretario di Stato del Ministero della Giustizia, Jacopo Morrone, a favore dell'applicazione della legge. Ha inoltre richiamato l'opportunità di riconoscere un duplice valore di natura politica alla battaglia condotta dall'avvocatura italiana per l'equo compenso.
«L'auspicio - ha chiarito il coordinatore - è che gli impegni di oggi si traducano quanto prima in azioni e provvedimenti concreti - dunque - una battaglia fondamentale non solo per restituire dignità e speranza di sostenibilità al lavoro di tanti avvocati, soprattutto i più giovani, che faticano nell'esercizio della professione come molti altri liberi professionisti nel nostro Paese. Lo è anche e soprattutto per garantire l'indipendenza e la libertà dell'avvocatura».
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