di Annamaria Villafrate - Con lo scivolo previsto dal decreto crescita, i lavoratori a cui mancano 5 anni per il diritto alla pensione, possono smettere di lavorare.
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Effetto dei contratti di espansione adottati in via sperimentale per il 2019 e il 2020, finalizzati a garantire il turnover nelle aziende che impiegano più di 1000 dipendenti con lavoratori più giovani e più competenti dal punto di vista tecnologico. Un tentativo per immettere nuova linfa e riorganizzare le aziende, anche dal punto di vista tecnologico, per renderle più efficienti e competitive.
I contratti di espansione
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Il decreto crescita punta a immettere nuove forze lavorative nelle aziende, con competenze anche nel settore tecnologico, attraverso misure in grado di agevolare l'uscita dal lavoro di coloro a cui manca poco per andare in pensione. La norma del decreto crescita che sostituisce i vecchi contratti di solidarietà espansiva con i nuovi contratti di espansione prevede la riorganizzazione delle imprese che impiegano più di 1000 dipendenti per renderle al passo con il progresso tecnologico.
Un restyling che richiede nuova linfa, ovvero lavoratori più giovani e con competenze tecnologiche più avanzate. Da qui la previsione della possibilità, per le imprese, di avviare una procedura di consultazione finalizzata a stipulare un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le associazioni sindacali.
Contratto di espansione di natura gestionale che deve indicare:
- "il numero dei lavoratori da assumere e l'indicazione dei relativi profili professionali compatibili coni piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
- la programmazione temporale delle assunzioni;
- l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto diapprendistato professionalizzante;
- relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori" a cui mancano ancora 5 anni per andare in pensione, per i quali è prevista l'uscita anticipata dal lavoro.
Chiaro quindi l'intento della norma, garantire il turn over dei dipendenti anziani, a cui manca poco per andare in pensione, con nuova forza lavoro.
I requisiti per lo scivolo pensionistico
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Detto questo vediamo cosa prevede la norma sui contratti di espansione per i lavoratori più anziani. In pratica essa prevede che possono andare in pensione i lavoratori a cui mancano non più di 60 mesi per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia e che hanno maturato il requisito minimo contributivo.
In breve possono andare in pensione grazie ai contratti di espansione:
- i lavoratori a cui mancano ancora 5 anni per conseguire il relativo diritto al trattamento pensionistico;
- a condizione che abbiano maturato il requisiti minimi contributivi.
Per chi non ha maturato questi requisiti la norma prevede la possibilità di chiedere una riduzione dell'orario di lavoro, nel limite del 30% .
In ogni caso, precisa la norma, le condizioni previste nell'ambito di accordi di non opposizione devono accettate dai lavoratori, i quali devono esprimere al riguardo un esplicito consenso per iscritto allo scivolo.
Quanto spetta con lo scivolo
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La possibilità per il datore di lavoro di assumere nuovi dipendente a fronte della possibilità di ricorrere allo scivolo per i dipendenti più anziani ha un onere per il datore di lavoro, il quale deve riconoscere al dipendente, per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, e a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un'indennità mensile, se spettante comprensiva dell'indennità NASpI, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall'INPS.
Se poi il primo diritto a pensione è quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili a conseguire il diritto, ad eccezione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa dopo la risoluzione del rapporto di lavoro.
La prestazione quindi, a regola, viene pagata dall'azienda, ma essa potrà essere riconosciuta anche attraverso fondi di solidarietà già costituiti o in corso di costituzione, senza la necessità di modificare i relativi statuti.
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