A. i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati nonché i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche, di assunzione diretta del rischio, richiamate al comma 1, di detto articolo, in relazione a:
-la responsabilità civile verso terzi, compresa quella del personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione,
- la responsabilità civile verso terzi per le prestazioni sanitarie svolte in regime libera professione intra-muraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina;
- la responsabilità civile verso di terzi per gli esercenti le professioni sanitarie (art.7, comma 3 della Legge) che rispondono del proprio operato, ai sensi dell'art.2043 c.c., salvo che abbiano agito nell'adempimento di un'obbligazione contrattuale assunta con il paziente (applicandosi in questo caso, l'eventuale azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa, prevista dall'art.9 di detta Legge, solo per i casi di dolo e colpa grave) e fermo restando che l'esercente la professione sanitaria debba provvedere, con onere a proprio carico, per la stipula di adeguata polizza assicurativa di responsabilità civile per la sola colpa grave;
- la responsabilità civile verso i prestatori d'opera;
B. le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione;
C. la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati, applicandosi le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n.67.
La responsabilità civile verso terzi e la responsabilità civile verso i prestatori d'opera
L'art.3 dello schema di Regolamento (Oggetto della garanzia) recita:
"Per le coperture di cui all'articolo 10, comma 1, della Legge, l'assicuratore, ai sensi dell'art.7, commi 1, 2 e 3, della Legge si obbliga a tenere indenne la struttura dai rischi derivanti dalla sua attività per la copertura della responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e 1228 C.C. di quanta sia tenuta a pagare a titolo di risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali (capitale, interessi e spese), causati da morte, lesioni personali, distruzione e deterioramento di beni cagionati a terzi e prestatori d'opera con dolo o colpa grave dal personale operante a qualunque titolo presso la stessa, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento, sperimentazione e ricerca clinica, ed estesa alle prestazioni sanitarie svolte nell'ambito di attività di sperimentazione e ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitaria nazionale nonché attraverso la telemedicina. Le coperture di cui all'articolo 10, comma 1, della Legge includono altresì la copertura della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. degli esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente ed ancorché non dipendenti della struttura, della cui opera la struttura si avvale per l'adempimento della propria obbligazione con il paziente."
Ora, il richiamato comma 1 dell'art.10 della Legge in argomento prevede: "Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114,…" e il comma 1-bis, art.27 di detto Decreto, recita "A ciascuna azienda del Servizio sanitario nazionale (SSN), a ciascuna struttura o ente privato operante in regime autonomo o accreditato con il SSN e a ciascuna struttura o ente che, a qualunque titolo, renda prestazioni sanitarie a favore di terzi, e' fatto obbligo di dotarsi di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi (RCT) e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera (RCO), a tutela dei pazienti e del personale. ….."
Pertanto sia l'art.10, comma 1 Legge n.24/2017 che l'art.27, comma 1-bis della Legge n.114/2014, in tema di strutture sanitarie, dispongono per la tutela assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi, senza alcuna specifica indicazione che riconduca alla sola natura contrattuale della responsabilità ovvero, esclusivamente, all'attività degli operatori sanitari, nell'ambito del rapporto (paziente-medico-struttura sanitaria), anzi l'assenza di precisazioni porta a presumere che il novero delle responsabilità ricomprenda, anche, la c.d."responsabilità oggettiva o aquilana" della struttura sanitaria stessa.
Nel succitato art.3 dello schema di Decreto, pare che il legislatore abbia dimenticato le tematiche della responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria (ex art.2043 e ss del codice civile) e della responsabilità civile personale dei prestatori di lavoro verso i terzi, normando solo quella degli "esercenti la professione sanitaria", definiti al punto f) dell'art.1 di detto schema come: "il professionista che, in forza di un titolo abilitante, svolge attività negli ambiti delle rispettive competenze, di prevenzione, diagnosi, cure, assistenza e riabilitazione." Nelle strutture sanitarie non vi sono solo "professionisti".
Come noto, la responsabilità contrattuale, ex artt. 1218 e 1228 c.c., sorge in caso di inadempimento dell'obbligazione e presuppone, quindi, un preesistente rapporto tra i soggetti (paziente-struttura sanitaria) e cioè quando il terzo, all'interno della struttura sanitaria, sia un "paziente" anche se non ricoverato, soggetto a visita ambulatoriale o per cui si è instaurato il c.d. "contratto di spedalità o di assistenza sanitaria" ivi compresi alcuni casi di accordi pre-contrattuali. A questa fattispecie si contrappone la responsabilità extracontrattuale (art.2043 e ss c.c.) nella quale, invece, è proprio con l'illecito che si instaura un rapporto tra le parti, in particolare modo e ad esempio, per i terzi non "pazienti" che possono trovarsi all'interno della struttura sanitaria (es.: parenti, visitatori, terzi operatori, appaltatori, etc.). A questa diversa fattispecie consegue, anche, una diversa disciplina giuridica della struttura sanitaria attinente la responsabilità extracontrattuale, tra cui, quella prevista dagli artt. 2043, 2049, 2051, 2053, etc. del Codice Civile in tema, ad esempio, di manutenzione e sorveglianza degli impianti, dell'immobile, delle aree di servizio, etc., attinenti l'ospedale o la struttura stessa.
Per altro verso, inoltre, lo stesso art.3 dello schema di Decreto, è silente per quanto concerne la previsione dei requisiti della tutela assicurativa od altre risorse in tema di Responsabilità Civile verso i prestatori d'opera (R.C.O.) così come previsto sia dal comma 1 dell'art.10 della Legge n.24/2017 sia dall'art.27, comma 1-bis della Legge n.114/2014 sopra indicati. La struttura sanitaria (datore di lavoro), infatti, potrebbe rispondere, se civilmente responsabile, ai sensi degli artt. 10 e 11 del D.P.R.30 giugno 1965 n.1124 e s.m. e dell'art. 13 del D.Lgs 23 febbraio 2000 n. 38 e s.m. per gli infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lui dipendenti o da lavoratori parasubordinati, in particolare:
- per le azioni di rivalsa esperite dall'INAIL, dall'INPS, o da Enti similari, siano essi assistenziali e previdenziali, ai sensi dell'art. 14 della legge 12 giugno 1984, n. 222 e, comunque, laddove esperite ai sensi di Legge;
-per l'erogazione di somme eccedenti l'indennità liquidata dall'lNAIL ai lavoratori, qualora la struttura sanitaria venga condannata a pagare al personale infortunato o agli aventi causa;
-per il risarcimento danni, ai sensi del Codice Civile, cagionati ai prestatori di lavoro, non rientranti nella disciplina del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e del D.Lgs 23 Febbraio 2000 n. 38 e s.m., a causa di morte o lesione personale dei lavoratori.
Questi aspetti, non contemplati nello schema di Decreto, richiederebbero, inoltre, l'integrazione del successivo art.4 concernente i "Massimali di garanzia delle polizze assicurative" nonché, per quanto concerne l'"efficacia temporale della garanzia assicurativa", l'applicazione dell'art.1917 c.c."..l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo.." in termini, quindi, di "loss occurrence" da applicare per la responsabilità extracontrattuale e per la responsabilità verso i prestatori d'opera, a differenza di quanto previsto all'art.5 di detto schema relativo alla responsabilità contrattuale, non configurandosi per dette tipologie di danno la necessità della formula assicurativa di "claims made".
L'efficacia temporale della garanzia
L'art.5 dello schema di Decreto disciplina l'"efficacia temporale della garanzia assicurativa" che viene prestata nella forma "claims made" ed opera "… per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta nel periodo di vigenza della polizza e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi in tale periodo e nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo….. In caso di cessazione definitiva per qualsiasi cause dell'attività dell'esercente la professione sanitaria, ivi compreso l'esercente attività libero professionale, é previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi alla cessazione dell'attività e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura, …………….. L'ultrattività é estesa agli eredi e non e assoggettabile alla clausola di disdetta….."
Al di là del termine "presentare" utilizzato nell'articolo in relazione alle richieste di risarcimento, sinonimo di trasmettere o far pervenire, nella prassi assicurativa e per la caratterizzazione della c.d. "claims made" si possono trovare, più varianti, la cd. "claims made pura" imperniata sulle richieste risarcitorie inoltrate nel periodo di efficacia della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito oppure la cd." claims made impura" o mista che interviene quando sia il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di efficacia del contratto, con possibile retrodatazione della garanzia alle condotte poste in essere anteriormente. In quest'ultimo contesto, poi, si possono trovare altre varianti pattizie quali, ad esempio:
-la cd. "sunset clause" o clausola di ultrattività o di "postuma" che rende efficace la copertura assicurativa anche in un successivo arco temporale di tempo, dopo la scadenza del contratto assicurativo;
-la c.d. "deeming clause" che consente all'assicurato, in aggiunta alla richiesta del danneggiato, di comunicare all'assicuratore, ai fini della operatività della polizza, anche le circostanze di fatto conosciute in corso di contratto e dalle quali potrebbe, in futuro, originarsi la richiesta risarcitoria.
La portata operativa dell'art.5 in argomento ricalca la formula "sunset clause" con estensione agli eredi, ma parrebbe utile inserire, anche, la "deeming clause".
Infine, vale la pena ricordare quanto sancito sull'argomento dalla Cassazione Civile Sezioni Unite con sentenza n.22437/2018 per cui la c.d. "claims made" è immeritevole ove esclude il diritto dell'assicurato all'indennizzo quando la richiesta di risarcimento gli pervenga dal terzo dopo la scadenza del contratto", ed è immeritevole in quanto:
"1) procura all'assicuratore un ingiusto vantaggio senza contropartita, poiché esclude dalla copertura i sinistri verificatisi in prossimità della scadenza della polizza e che verosimilmente verranno denunciati all'assicurato dopo la scadenza, determinando così uno iato tra il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione (e pagato il premio) e il tempo nel quale può avverarsi il rischio;
2) pone l'assicurato in una posizione di soggezione rispetto al danneggiato, che può liberamente decidere il momento in cui inoltrare all'assicurato la richiesta di risarcimento, momento che potrebbe cadere dopo la scadenza della polizza [e ciò comporterebbe due conseguenze paradossali:
a) l'interesse dell'assicurato a ricevere prontamente la richiesta di risarcimento, in contrasto col principio desumile dall'art. 1904 c.c.;
b) l'aporia in forza della quale l'assicurato che tace e aspetta la richiesta perde la copertura, ma se si attiva e sollecita il danneggiato, viola l'obbligo di salvataggio ex art. 1915 c.c.];
3) se l'assicurato adempisse spontaneamente all'obbligazione risarcitoria, secondo correttezza e buona fede, mancherebbe una richiesta di risarcimento fatta dal danneggiato e di conseguenza l'assicuratore potrebbe anche rifiutare l'indennizzo."
Detta formula di coperta di copertura, inoltre, non sarebbe avulsa da criticità tra cui "…l'operatività di un meccanismo penalizzante all'esordio e allo scadere della garanzia contrattuale, tale da determinare "buchi di copertura" assicurativa …" come evidenziato dalla S.C. SU nella sentenza n. 9140/2016.
Eccezioni opponibili
L'art.7 dello schema di Decreto consente all'Assicuratore di opporre eccezioni al terzo danneggiato, previa sottoscrizione di apposite clausola di polizza da parte dell'Assicurato (struttura sanitaria e/o professionisti sanitari) che concernono:
"a) i fatti dannosi derivanti dallo svolgimento di attività che non sono oggetto della copertura assicurativa"; (sembra una superflua pattuizione qualora la copertura assicurativa garantisca l'attività nel suo complesso, salvo le ipotesi di esclusioni di garanzie previste in polizza);
b) fatti generatori di responsabilità verificatisi e le richieste di risarcimento presentate al di fuori dei periodi contemplati dall'articolo 5; (stride con la citata sentenza della Cassazione Civile Sezioni Unite n.22437/2018);
c) le limitazioni quantitative del contratto assicurativo di cui all'articolo 1, comma 1, lettere r) e s); (meglio specificare cosa s'intende per "limitazioni quantitative" alla luce della quota di rischio non trasferita al mercato assicurativo, da parte della struttura sanitaria, per la gestione in SIR "Self Insurance Retention" cosi come per la "franchigia", quale parte del danno risarcito al terzo che resta a carico dell'assicurato/struttura sanitaria e/o professionista sanitario);
d) il mancato pagamento del premio (lecita tutela dell'Assicuratore).
Insomma, lo schema di Decreto del MISE in attuazione dell'articolo 10, comma 6, della legge 8 marzo 2017, n. 24, seppur in bozza, richiederebbe qualche riflessione in più.
Legge 8 Marzo 2017 n.24Schema decreto MISE
• Foto: 123rf.com