di Lucia Izzo - È di questi giorni la notizia della decisione di Facebook di rimuovere dalla sua piattaforma e da Instagram le pagine ufficiali, nazionali e locali, di due movimenti di estrema destra italiani ovvero CasaPound e Forza Nuova, assieme agli account dei loro maggiori esponenti.
Una decisione la cui eco non ha tardato a farsi sentire sollevando un dibattito sul ruolo del social network nelle nostre vite destinato a durare. Le reazioni sono state alquanto eterogenee: da un lato si loda l'azione dei social di Mark Zuckerberg volta a sanzionare chi incita all'odio e alla violenza, dall'altro si denuncia un atto definito illiberale e di censura politica che metterebbe a rischio la libertà di espressione. Ma andiamo con ordine.
- Facebook censura CasaPound e Forza Nuova: incitano all'odio
- Oscurare CasaPound e Forza Nuova. Zingaretti: "scelta giusta e coraggiosa"
- CasaPound: "grave atto discriminatorio nei nostri confronti"
- CasaPound diffida Facebook. Forza Nuova minaccia azioni legali
- Facebook: servono maggiori garanzie?
Facebook censura CasaPound e Forza Nuova: incitano all'odio
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Lo scorso 9 settembre sono stati oscurati i profili ufficiali, Facebook e Instagram, di CasaPound e Forza Nuova e ad essi legati in qualche modo. Il social ha giustificato l'azione sottolineando l'importanza del rispetto della sua "policy" sulle persone e sulle organizzazioni pericolose, che vieta a coloro che sono impegnati nell'odio organizzato di utilizzare i propri servizi.
"Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia" ha dichiarato un portavoce.
Sono dunque queste le motivazioni che il celebre social network a posto alla base del "ban" che, tra l'altro, assume contorni che vanno ben oltre i confini nazionali. La decisione, infatti, non è frutto di una deliberazione della sezione italiana, ma sarebbe giunta direttamente da Menlo Park.
Dall'Europa all'America: guerra agli account che violano la policy
Dopo gli eventi che negli ultimi anni hanno posto Facebook sotto i riflettori (ad es. il caso Cambridge Analytica), l'azienda ha ritenuto opportuno intraprendere un processo di analisi e revisione. Sarebbe stato una sorta di collegio di revisori, composto da oltre 30mila tra tecnici, giuristi ed esperti, a decidere di oscurare i profili dei movimenti.
Come è facile desumere, il caso italiano non è affatto inedito, poiché la stessa linea dura ha riguardato altri paesi dove si sono presentate situazioni analoghe: dall'Europa all'America, Facebook ha dichiarato guerra agli account che violano la "policy" di Instagram e Facebook, in particolare quelli di associazioni organizzate con un nome, un segno o simbolo e che portano avanti "un'ideologia, dichiarazioni o azioni fisiche contro individui in base a caratteristiche come la razza, il credo religioso, la nazionalità, l'etnia, il genere, il sesso, l'orientamento sessuale, malattie gravi o disabilità".
L'iniziativa non è dunque giustificata dall'esigenza di adeguarsi alla normativa italiana, che vieta l'apologia di fascismo, ma va ben oltre: "chi inneggia a ideologie che diffondono odio non può trovare posto sui nostri social" hanno spiegato da Facebook
Oscurare CasaPound e Forza Nuova. Zingaretti: "scelta giusta e coraggiosa"
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Il segretario del PD, Nicola Zingaretti, ha parlato di "motivazione esemplare a sostegno di una scelta giusta e coraggiosa". Ancora, ha soggiunto il leader del Partito Democratico, "dobbiamo condividere e diffondere queste parole importanti per mettere fine alla stagione dell'odio. Ci sono persone che se se vincessero, negherebbero ad altre persone il diritto di esistere. Non bisogna mai dimenticarlo".
"Bene Facebook. Un altro passo verso l'archiviazione della stagione dell'odio organizzato sui social network" ha commentato invece Laura Boldrini che anni fa aveva scritto a Zuckerberg chiedendogli proprio di chiudere le pagine inneggianti il fascismo. L'ex Presidente della Camera è stata sua malgrado oggetto di insulti sessisti e di minacce che i social network hanno contribuito a diffondere e fomentare.
Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ha commentato l'accaduto, ma con dichiarazioni di diverso tenore: "In tanti mi stanno scrivendo che c'è Facebook che sta chiudendo delle pagine senza motivi particolari. Quindi se pensano di imbavagliare qualcuno forse hanno sbagliato a capire".
CasaPound: "grave atto discriminatorio nei nostri confronti"
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Entrambi i partiti coinvolti nella rimozione si sono sfogati su Twitter, dove ancora sono presenti i loro account, denunciando una "censura politica" che, oltre alle pagine ufficiali, ha coinvolto quelle delle sezioni locali e le altre loro collegate, nonché i profili degli esponenti. Una reazione condita da hashtag come #libertàdiespressione e #articolo21.
"Ci hanno cancellato tutte le pagine Facebook, a cominciare da quella CasaPound Italia con 280mila iscritti e proseguendo con quelle di tutte le realtà a noi collegate: Blocco Studentesco, Solid, addirittura quella dell'associazione disabili Impavidi Destini" si legge nella nota diffusa da CasaPound Italia.
"È stato disabilitato il nostro account su Instagram e centinaia di profili di militanti, simpatizzanti, iscritti - ha denunciato il movimento politico - si tratta di un gravissimo atto discriminatorio commesso nei nostri confronti, un gesto che dovrebbe far riflettere chiunque abbia ancora a cuore la libertà di espressione nel nostro paese".
Di "violazione della nostra libertà di espressione" parla anche il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, che spiega: "Non abbiamo avuto alcun preavviso né ci hanno fornito alcuna motivazione. Facebook ha chiuso le nostre pagine e quelle dei nostri militanti senza comunicarci nulla" e aggiunge: "dire che noi incitiamo all'odio è una diffamazione, e di questo Facebook dovrà rispondere in tribunale".
CasaPound diffida Facebook. Forza Nuova minaccia azioni legali
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Il responsabile provinciale Pietro Pavesi, dopo il "ban" della pagina di CasaPound Piacenza, ha etichettato come "paradossale" il fatto che una società privata possa decidere in Italia chi debba avere diritto di parola ed opinione.
"Come CasaPound, a livello nazionale ci stiamo muovendo per vie legali affinché possa essere ripristinato il nostro diritto di parola, dal momento che siamo un movimento legalmente riconosciuto e che non ha mai subito, giustamente, limitazioni in termini giuridici. La nostra attività sul territorio non si ferma - conclude Pavesi - e continueremo a sfruttare i canali social, anche in questo periodo di censura".
In realtà, il movimento è già passato alle vie legali diffidando Facebook a riattivare immediatamente l'account ufficiale. Nell'atto, si sottolinea come l'account ufficiale sia stato "sempre utilizzato nel rispetto delle condizioni d'uso di Facebook e delle leggi in materia" prima di quella che è stata definita come una "improvvisa e ingiustificata disattivazione.
Pertanto, ritenuto che la condotta di Facebook costituisca una "grave violazione" che "impedisce senza alcuna giustificazione l'esercizio di diritti fondamentali", CasaPound minaccia di adire le vie legali, anche per ottenere il risarcimento dei danni subiti, trascorse invano 48 ore dalla diffida. Anzi, il presidente Gianluca Iannone si è detto pronto a intraprendere anche una class action.
Anche la segreteria nazionale di Forza Nuova riporta di aver dato mandato al proprio ufficio legale al fine di procedere contro Facebook Italia "per il reato di diffamazione e per tutti i reati relativi all'attentato alle libertà di opinione commessi a danno del movimento".
Facebook: servono maggiori garanzie?
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Dopo la cancellazione delle pagine ufficiali di CasaPound e Forza Nuova, la nuova linea dura adottata da Facebook non ha mancato di suscitare alcune riflessioni. Non è la prima volta, infatti, che si sente parlare di azioni del celebre social network contro utenti o pagine, non sempre con garanzie di replica e con effetti assai gravosi soprattutto per chi usa il social per lavoro.
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Certo, le piattaforme sono di proprietà di una società americana, quindi un servizio privato e non pubblico, con tutto il diritto di scegliere liberamente cosa ospitare o meno sui propri siti, anche per non nuocere al giro di affari a esse correlato.
Non può negarsi, tuttavia, che il servizio offerto da Facebook abbia assunto delle dimensioni notevoli, un'espansione tale da poter quasi parlare di "infrastruttura essenziale". Sicché la decisione sui contenuti, sulla rimozione degli stessi, per molti dovrebbe passare attraverso un giudice o comunque essere regolata da leggi nazionali e non spettare al solo arbitrio della società privata poiché impedire l'uso di Facebook comporta enormi limitazioni che si ripercuotono su numerosi interessi.
Altri, invece, vedono l'eventualità di un intervento del legislatore come qualcosa che andrebbe a snaturare le piattaforme. Ci si interroga, in pratica, sull'opportunità di un'eccezione alle regole generali sulla libertà d'impresa.
Maggiore trasparenza ed equità
Ancora, in discussione vi sono anche le maggiori garanzie che la piattaforma dovrebbe fornire agli utenti: più trasparenza, più equità, cosa è ammesso e cosa no, standard della community più esaustivi e così via.
Molti auspicano anche che si arrivi a garantire un maggior contraddittorio con i titolari delle pagine "sotto osservazione" o a rischio "ban" prima di avviarsi verso scelte drastiche come la rimozione delle stesse, ad esempio avvisando della potenziale violazione della policy, fornendo un termine entro cui rettificare il proprio operato e allinearsi alle regole.
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Vista la quantità smisurata di contenuti veicolati dal sito, gli interrogativi sulla bontà di Facebook quale "arbitro" sono destinati a infiammare il dibattito, soprattutto visti i rischi di un possibile condizionamento dell'opinione pubblica.
Insomma, senza entrare nel merito della recente decisione, è sicuramente legittimo e auspicabile che la stessa intervenga contro gli account che diffondono odio e incitano alla violenza, come precisa la stessa policy. Tuttavia, non va dimenticato che, stante la posizione dominante nel settore, Facebook è tenuto ad assicurare agli utenti di poter beneficiare di garanzie ben chiare, esplicitate ed effettive, correlate alla permanenza sui social network.
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