di Gabriella Lax - Partirà dal primo gennaio 2020 la cosiddetta "web tax". Lo ha dichiarato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri a conclusione dei lavoro dell'Ecofin (Consiglio europeo dell'Economia e finanza). Niente di nuovo per l'Italia poiché l'imposta era stabilita nella manovra 2019, tuttavia authority per le comunicazioni, privacy e Agid insieme a Mef e Mise avrebbero dovuto varare le regole attuative entro 4 mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio. E invece si erano fermati aspettando una decisione dell'Ue.
Il ministro Gualtieri, arriva la web tax
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Una sorta di misure "casalinghe" da applicare nei confronti dei giganti del web mentre si compie il complicato processo di negoziazione, a livello internazionale, per arrivare ad una normativa condivisa dalla maggioranza degli stati in sede Ocse, oppure direttive firmate Unione europea. Una tassa che già c'era in Italia, ma che non era operativa. È stato il titolare del Mef a chiarire «Come è noto l'Italia ha la digital tax, noi la faremo entrare in vigore dal primo gennaio (la web tax, nds), è uno dei componenti della manovra La misura c'era ma non operativa. Non vogliamo solo la digital tax italiana ma vogliamo che sia collocata dentro una misura definita sul piano internazionale - e ha aggiunto - faremo comunque la nostra, ma siamo parte attiva del negoziato che proseguiremo a Washington al G20». E, infine ha ricordato che l'Ue è in dirittura d'arrivo anche sulla Tobin tax, cioè la tassa sulle transazioni finanziarie internazionali.
Web tax all'italiana
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Ma in che cosa si concretizza la web tax già indirizzata dalla legge di bilancio 2019? Si tratta di un prelievo del 3% per le imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni. Grazie alla pubblicità mirata agli utenti online, la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati degli utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale i tre ambiti di applicazione della nuova tassa. Il prelievo riguarderà Google, Facebook e Amazon sui business relativi alla pubblicità come pure i servizi offerti da Alibaba, Amazon o eBay, ma non servizi come Netflix e Spotify, come era stato detto in precedenza. L'imposta andrà pagata entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell'ammontare dei servizi tassabili prestati entro 4 mesi dalla chiusura del periodo d'imposta.
La proposta dell'Ocse
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Qualche giorno fa era arrivata la proposta scritta dei paesi dell'Ocse. L'iniziativa, come riporta Il Corriere, si articola in due punti principali: il primo è relativo alle aziende del digitale e che si rivolgono direttamente ai consumatori (Google, Facebook, Amazon, Apple) in modo che ogni stato possa tassare una quota degli utili globali di queste multinazionali. Anche in caso di trasferimento in sedi esterne a quello stato, l'Ocse propone di riallocarne una parte. La base per uno stato per calcolare l'aliquota è il fatturato generato dalla data azienda nel suo territorio.
L'altro tipo di tassazione riguarda le economie emergenti dove le multinazionali vendono i loro prodotti e servizi ma spesso non esistono fisicamente: in questo caso saranno tassate le attività di distribuzione dei prodotti, assumendo una quota minima di guadagno realizzato sul dato mercato.
Anche qui non ci sono dettagli e parametri: l'Ocse dovrà lavorare su quali siano la soglia di fatturato o dimensioni della multinazionale. Infine, l'Ocse intende avanzare una proposta su un'aliquota minima di corporate tax sotto la quale non è possibile scendere.
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