Avv. Claudio Roseto - Come noto, l'utilizzo di personale precario nelle amministrazioni pubbliche è divenuto, ormai, una caratteristica strutturale. Sono molteplici le pubbliche amministrazioni che usufruiscono di dipendenti a tempo determinato per colmare le proprie esigenze di organico. In alcuni casi, la P.A. può decidere di procedere alla stabilizzazione di tale personale, a condizione che detta scelta risulti supportata da idonea motivazione. Il prefato principio è stato recentemente ribadito dalla terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 7070 del 18 ottobre 2019.
- Procedure concorsuali riservate e buon andamento
- La stabilizzazione nella giurisprudenza costituzionale
- La sentenza del Consiglio di Stato n. 7070/2019
Procedure concorsuali riservate e buon andamento
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Le amministrazioni pubbliche, al fine di colmare determinate scoperture di organico, possono indire procedure concorsuali riservate alla stabilizzazione di personale precario, a condizione che la scelta sia ragionevole e logica, nonché adeguatamente e congruamente motivata (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, n. 6004/2014).
Un siffatto modello di stabilizzazione del personale precario, infatti, si giustifica alla luce dell'art. 97 Cost., il quale, pur affermando la regola generale dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso, fa espressamente salvi i casi stabiliti dalla legge.
La succitata deroga, d'altra parte, è ulteriormente giustificata dal fatto che legittimati a partecipare alle procedure di stabilizzazione possono essere solo i soggetti che abbiano svolto attività lavorativa, a titolo precario, al servizio della Pubblica Amministrazione per un determinato arco temporale, sulla base di procedure selettive di natura concorsuale.
Pertanto, le procedure concorsuali riservate devono essere precipuamente finalizzate ad attuare il fondamentale principio costituzionale del buon andamento della P.A.
La stabilizzazione nella giurisprudenza costituzionale
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La Corte costituzionale ha chiarito che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico può essere considerata legittima allorquando essa si ponga come soluzione funzionale al buon andamento dell'amministrazione e sussistano peculiari e straordinarie esigenze d'interesse pubblico idonee a giustificarla (cfr. Corte Cost. n. 110 del 2017 e n. 90 del 2012; id. n. 7 del 2015, n. 134 del 2014, n. 217 e n. 51 del 2012, n. 310 del 2011, n. 150 e n. 9 del 2010, n. 293 e n. 215 del 2009, n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006).
In particolare, la stabilizzazione del precariato costituisce soluzione giustificabile - in un quadro ordinamentale improntato al criterio assiale dell'acceso al pubblico impiego mediante concorso - a condizione che:
a) siano stabilite preventivamente le condizioni per l'esercizio del potere di assunzione;
b) la costituzione del rapporto a tempo indeterminato sia subordinata all'accertamento di specifiche necessità funzionali dell'amministrazione;
c) si prevedano procedure di verifica dell'attività svolta;
d) i soggetti da assumere abbiano maturato tale esperienza all'interno della pubblica amministrazione e non alle dipendenze di datori di lavoro esterni (cfr. Corte Cost. n. 215/2009);
e) la deroga al predetto principio sia contenuta entro limiti tali da non precludere in modo assoluto la possibilità di accesso della generalità dei cittadini al pubblico impiego (cfr. Corte Cost. n. 108/2011).
È utile precisare che, secondo la Consulta, non è sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l'amministrazione (cfr. Corte Cost. n. 205 del 2006), né basta la «personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione (cfr. Corte Cost. n. 81 del 2006).
Per la stabilizzazione, infatti, occorrono particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente all'esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all'interno dell'amministrazione e non acquisibili all'esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (cfr. Corte Cost. 150/2010).
La sentenza del Consiglio di Stato n. 7070/2019
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Alcuni dipendenti dell'Istituto Superiore di Sanità, assunti a tempo indeterminato ed inquadrati come tecnologi di terzo livello, spiegavano ricorso dinanzi al T.A.R. Lazio, sede di Roma, per chiedere l'annullamento della procedura bandita dall'I.S.S. e riservata al solo personale precario ("stabilizzazione"), nonché per ottenere l'indizione di una nuova procedura selettiva che prevedesse la possibilità di partecipazione aperta anche a tutti i dipendenti a tempo indeterminato con qualifica inferiore a quella messa a concorso.
Il Collegio laziale respingeva il ricorso e gli originari ricorrenti appellavano la sentenza innanzi al Consiglio di Stato.
Il massimo organo di Giustizia amministrativa, richiamando i principi suesposti, ha rigettato l'appello, confermando la sentenza di primo grado.
In particolare, il Consiglio di Stato, nella fattispecie in esame, ha richiamato il D.L. n. 244/2016, convertito in Legge n. 19/2017, che conferisce all'Istituto Superiore di Sanità il mandato di "favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato", sicché la procedura concorsuale riservata, evidentemente tesa all'assorbimento del "precariato storico", trova corrispondenza nel previsto fine normativo.
Al contempo, il C.d.S. ha ritenuto che la scelta dell'I.S.S. di avviare procedure concorsuali di stabilizzazione del personale precario fosse adeguatamente motivata, in ossequio ai consolidati principi, amministrativi e costituzionali.
Avv. Claudio Roseto
Specializzato in diritto amministrativo
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