di Valeria Zeppilli - Mercoledì 1° aprile molti professionisti, avvocati e non, si sono svegliati e hanno inviato alla cassa previdenziale di appartenenza la domanda per poter beneficiare del bonus da 600 euro riconosciuto dal Cura Italia per aiutarli a far fronte all'emergenza coronavirus. Di certo un grande sollievo per tutti coloro che hanno subito un brusco arresto della propria attività.
Giovedì 9 aprile, però, le cose sono cambiate: chi è iscritto anche all'Inps deve rinunciare al bonus!
- Bonus 600 euro: cosa è cambiato?
- Bonus 600 euro professionisti: criteri da rivedere?
- L'indennità spetta davvero a chi è in difficoltà?
- Una norma da rivedere?
Bonus 600 euro: cosa è cambiato?
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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto liquidità, infatti, si è scoperto che i professionisti iscritti a una cassa di previdenza privata e, contemporaneamente, all'Inps non hanno diritto a un bel niente.
A dirlo senza lasciare spazio a dubbi è l'articolo 34 del decreto, che limita il riconoscimento dell'indennità agli iscritti a una cassa che siano "non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva".
Leggi: "Bonus 600 euro avvocati: le novità"
Bonus 600 euro professionisti: criteri da rivedere?
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La situazione riguarda un'ampia platea di professionisti.
Pensiamo, ad esempio, a un avvocato o a uno psicologo che svolga anche una sporadica attività di giornalista pubblicista e che, con riferimento a quest'ultima, abbia deciso di iscriversi alla gestione separata Inps.
Le proteste si sono subito levate a gran voce: non tanto (o non solo) per il fatto di dover rinunciare a una somma che stava per essere incassata (o che, addirittura, era già stata accreditata) e sulla quale si era iniziato già a fare conto, ma soprattutto per il criterio scelto per limitare la platea dei fruitori. La doppia iscrizione è davvero una ragione valida per poter rinunciare dell'indennità?
L'indennità spetta davvero a chi è in difficoltà?
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Ricordiamo che a poter richiedere il bonus da 600 euro sono stati coloro che, nel 2018:
hanno percepito un reddito complessivo non superiore a 35mila euro,
hanno percepito un reddito complessivo compreso tra 35mila e 50mila euro e, nel primo trimestre 2020, a causa del coronavirus hanno cessato, ridotto o sospeso la propria attività autonoma o libero-professionale di almeno il 33% rispetto al reddito del primo trimestre del 2019.
Soffermiamoci sulla prima ipotesi, che è quella alla quale si sono appigliate la maggior parte delle richieste: chi, nel 2018, ha fatturato 34.999,99 euro ed è iscritto solo a una cassa di previdenza privata vedrà a breve sul proprio conto 600 euro in più; chi ne ha fatturati, ad esempio, 9.000,00 ma è iscritto sia a una cassa che all'Inps no.
Una norma da rivedere?
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Nel frattempo, tutti i pagamenti sono bloccati in attesa che le casse completino le istruttorie e stralcino le domande che, entro i termini stabiliti, non dichiarino l'appartenenza esclusiva alle stesse.
Ma i dubbi circa l'equità e la razionalità della norma sono molti e oggetto di quotidiana discussione. Se non ci sono i soldi per tutti, in sede di conversione occorrerà adottare un criterio più "giusto" per risparmiare?
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