L'art. 10, comma 3, di detta legge, ripetendo analoga disposizione della abrogata l. 482/1968, prevede che il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. L'accertamento è svolto dalla commissione di cui all'art. 4 l. 104/1992, e cioè la stessa commissione, opportunamente integrata, prevista dall'art. 1, comma 1, l. 295/1990; tale norma stabilisce che la commissione medica operante nell'ambito di ciascuna unità sanitaria locale effettua gli accertamenti sanitari necessari non solo ai fini dell'attribuzione di pensioni, assegni o indennità a carico di pubbliche amministrazioni, ma anche "per usufruire di benefici diversi da quelli innanzi indicati". Ed il comma 8 del medesimo art. 1 dispone che contro gli accertamenti della commissione medica della unità sanitaria locale è ammesso ricorso al Ministero del tesoro, che decide sentita la commissione medica centrale, e contro questa decisione è ammessa tutela giurisdizionale avanti al giudice ordinario. Con questa disposizione il legislatore sancisce che la valutazione dello stato sanitario operato dalla commissione è un bene giuridico in sé autonomamente tutelabile, sia da parte del disabile, il quale ha interesse al corretto accertamento, per qualsiasi effetto riflesso sui propri diritti, da chiedere eventualmente e successivamente in sede amministrativa, o per le prestazioni pecuniarie, o per gli aspetti occupazionali; sia, correlativamente, del datore di lavoro, che ha analogo interesse, a norma dell'art. 10, comma 3, citato, all'accertamento, per basarvi provvedimenti rientranti nel potere datoriale giustificato. LaPrevidenza.it,
Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 23.11.2006, n. 24862
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