- Referendum riduzione parlamentari: ha vinto il Sì
- Entrata in vigore della riforma
- I correttivi a seguito dell'approvazione
- Effetti sulla rappresentanza dei cittadini in Parlamento
Referendum riduzione parlamentari: ha vinto il Sì
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Il referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari ha segnato la vittoria "Sì". Quasi il 70% percento dei votanti, precisamente il 69,64% pari a circa 7 milioni e mezzo di votanti, si è detto a favore della riduzione dei membri di Camera e Senato rendendo dunque definitivamente ufficiale la modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione. Il 30,36%, 7 e milioni e mezzo circa, hanno invece optato per il "no". L'affluenza alle urne ha registrato un risultato del 53,84%, con un totale di circa 25 milioni di votanti in tutta Italia.
La riforma ha l'effetto di portare i parlamentari da 945 a 600: nel dettaglio, i deputati passeranno a 400 in luogo degli attuali 630, mentre e i senatori passeranno da 315 a 200, inclusi i parlamentari eletti all'estero, ovvero 8 deputati (anziché 12) e 4 senatori (anziché 6). Come noto, la proposta era stata approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati, nella seduta dell'8 ottobre 2019, in seconda deliberazione.
La vittoria del Sì al referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari comporta la conferma della riforma già approvata in Parlamento a ottobre 2019. Il Sì ha vinto con quasi il 70% dei voti permettendo, così, di far diminuire il numero dei parlamentari, che dalla prossima legislatura passeranno da 945 a 600. In particolare i deputati scenderanno da 630 a 400, mentre i senatori da 315 a 200.
Entrata in vigore della riforma
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L'art 138 della Costituzione prevede la possibilità che la legge di revisione costituzionale, laddove non approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti, possa essere sottoposta a referendum popolare. Nel caso di specie, la richiesta di sottoporre la riforma al vaglio popolare è stata avanzata da un quinto dei membri di una Camera, come consente di fare il dettato costituzionale.
Il testo prevede che la riduzione dei parlamentari abbia effetto dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi sessanta giorni.
In particolare, quest'ultimo termine è previsto per consentire l'adozione del decreto legislativo in materia di rideterminazione dei collegi elettorali, che attualmente sono 232 uninominali e 63 plurinominali per la Camera dei deputati e 116 uninominali e 33 plurinominali per il Senato.
In pratica, la riduzione del numero dei parlamentari entrerà in vigore dall'inizio della prossima Legislatura o comunque a seguito dalle prossime votazioni con cui gli italiani eleggeranno i membri del Parlamento. Non cambierà nulla, dunque, per i membri del Parlamento già eletti che resteranno al loro posto fino a nuove elezioni. La riforma costituzionale, inoltre, non intacca il bicameralismo perfetto.
I correttivi a seguito dell'approvazione
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Saranno diversi i correttivi e le riforme che dovranno trovare applicazione come conseguenza dell'approvazione della riduzione dei parlamentari. Il principale punto critico, che dovrà essere quanto prima oggetto di valutazione, è di tipo tecnico-politico ed è rappresentato dalla riforma della legge elettorale. Ancora, sarà necessario provvedere alla modifica dei regolamenti parlamentari, riscrivere il ruolo delle Commissioni e delineare una nuova mappa dei collegi.
"Il prossimo step dovrà necessariamente essere l'approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale in grado di favorire la governabilità" ha dichiarato Luigi di Maio commentando il risultato definito "storico del referendum. La nuova legge elettorale viene richiesta anche da Nicola Zingaretti: "Ora si apre una stagione di riforme e faremo di tutto affinché questa stagione di riforme vada avanti spedita" ha commentato il segretario dem.
Inoltre, è probabile che richiederà una riflessione anche l'elezione del Capo dello Stato che la Costituzione stabilisce che venga eletto dal Parlamento in seduta comune, con l'aggiunta di tre delegati per ogni Regione (uno per la Valle d'Aosta). Probabile che la quota dei delegati regionali venga rivista al ribasso: infatti, con il nuovo assetto del Parlamento, il peso dei delegati rischia di essere particolarmente incisivo, addirittura maggiormente decisivo del voto dei parlamentari.
Effetti sulla rappresentanza dei cittadini in Parlamento
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Altra importante conseguenza della diminuzione dei parlamentari è l'effetto che essa avrà sulla rappresentanza dei cittadini in Parlamento, stante l'influenza che si avrà sul numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto.
Attualmente, in Parlamento si ha un deputato ogni 96 mila abitanti, mentre con il taglio si passerebbe a uno ogni 151mila. A Palazzo Madama, invece, si ha un senatore ogni 188 mila abitanti, a seguito delle riduzione ve ne sarebbe uno ogni 302mila.
Ad essere penalizzate saranno in particolare le Regioni medio-piccole e i tagli avranno un maggiore impatto proprio al Senato in quanto la Costituzione prevede un'elezione su base regionale: non potranno esservi meno di tre senatori per Regione (anziché i precedenti 7) con esclusione di Valle d'Aosta e Molise (che avranno rispettivamente uno e due seggi). La quota minima di 3 senatori la scontano Basilicata e Umbria, mentre per Abruzzo e Friuli Venezia Giulia i senatori si ridurrebbero da 7 a 4. Ne avrebbero, invece, cinque le Regioni di Liguria, Marche e Sardegna.
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