Rischia una condanna penale per oltraggio a magistrato l'imputato che, al termine dell'udienza, si sfoga in aula con un applauso diretto alla Corte. Lo sottolinea la Corte di Cassazione in una sentenza della Settima sezione penale (la numero 3844) con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso di Antonio P., un napoletano 35enne imputato in un processo davanti al Tribunale di Napoli che, al momento della sentenza, aveva sfogato tutta la sua tensione applaudendo appunto i magistrati. Per questo era stato condannato dalla Corte d'appello del capoluogo campano, gennaio 2006, per oltraggio a magistrato (l'art. 343 del codice penale prevede la reclusione da uno a quattro anni,) in udienza con la aggravante della continuazione. Inutilmente l'imputato ha tentato la difesa in Cassazione, sostenendo che c'era stata una "interpretazione soggettiva dell'applauso", da intendersi piu' che altro come "manifestazione di sfogo,una personale ricezione nervosa o anche il mal celato senso di liberazione da parte di un imputato alla conclusione di una vicenda processuale". La Cassazione, bocciando il ricorso di Antonio P., ha osservato che "il giudice di merito ha non illogicamente valutato la fattispecie accertando che l'applauso per il momento e le modalita' con cui fu posto in essere ebbe unicamente il valore di scherno direttamente rivolto alle persone dei magistrati". Quanto alla continuazione del reato, correttamente, dice la Suprema Corte, e' stata applicata "in quanto l'unica azione si e' rivolta contro piu' soggetti passivi". L'applauso in aula, in definitiva, ha "aggredito il magistrato nell'onore e nel prestigio". Antonio P., oltre alle spese processuali, dovra' sborsare mille euro alla cassa delle ammende per avere fatto pedere tempo alla giustizia con la sua causa
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