"Merita il risarcimento del danno, anche solo futuro, lo studente che perde l'anno scolastico, a causa di un incidente stradale". Nella sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione, ribadendo il proprio orientamento sul punto, ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno subito per il mancato conseguimento del risultato scolastico nell'anno in cui si era verificato il sinistro nel quale era rimasto vittima il minore, nonché quella di risarcimento conseguente alla diminuita capacità lavorativa. In particolare, la Corte precisa che il giudice del rinvio dovrà procedere "all'accertamento ed alla eventuale liquidazione del risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla vittima, tenendo conto che, benché non sia configurabile un danno da lucro cessante
specificamente rapportabile al ritardo (in via eziologica riferibile all'atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è necessario". A supporto di tale principio di diritto la S.C. richiama il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui "il danno patrimoniale da lucro cessante
, per un soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto. Pertanto, se occorre valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia, oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando come parametro di riferimento quello di uno dei genitori, presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore" (V. Cass. 2 ottobre 2003, n. 14678).
Cass. Civ., sez. III, 20 febbraio 2007, n. 3949 - Avv. Tiziana Cantarella

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