Le somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione ai propri dipendenti vanno obbligatoriamente recuperate, senza necessità che si renda alcuna specifica motivazione, essendo sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto alle somme corrisposte, e senza che abbia rilievo la buona fede del debitore.
E' questa la decisione del Consiglio di Stato, sezione IV, nella sentenza 24 maggio 2007 n. 2651, che ha visto coinvolto un funzionario tributario, per il quale la Direzione Provinciale del Tesoro aveva disposto il recupero di un'ingente somma, da lui indebitamente percepita. L'interessato, proponendo ricorso, deduceva l'illegittimità del provvedimento, adducendo a propria difesa, tra l'altro, la violazione del principio di affidamento e dei principi in tema di recupero somme indebitamente percepite, sostenendo il suo stato di buona fede. Il Collegio, interessato della questione, respinge il ricorso, richiamando conforme giurisprudenza (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 15 gennaio 2002, n. 8; C.d.S., sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8274; sez. VI, 12 dicembre 2002, n. 6787; 20 dicembre 2005, n. 7221) in base alla quale, il principio che ammette il recupero di somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione ai propri dipendenti "ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'articolo 2033 del codice civile, di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate". "La doverosità", continua il Consiglio di Stato, "esclude che l'amministrazione sia tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo invece sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto alle somme corrisposte" (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 2001, n. 5540; 22 settembre 2005, n. 4983; sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3674; 10 gennaio 2003, n. 43). Infine, riguardo la rilevanza buona fede del debitore, i giudici di Palazzo Spada, fanno rilevare che la giurisprudenza maggioritaria (C.d.S., sez. IV, 12 maggio 2006, n. 2679; VI, 12 luglio 2004, n. 5067; 3 dicembre 2003, n. 7953; 7 luglio 2003, n. 4012; 17 ottobre 2005, n. 5813) ritiene che "essa non può rappresentare un ostacolo all'esercizio da parte dell'amministrazione del recupero dell'indebito neppure quando intervenga a lunga distanza di tempo dall'erogazione delle somme, comportando in capo all'Amministrazione solo l'obbligo di procedere al recupero stesso con modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore" (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 14 ottobre 1999, n. 517; C.d.S., IV, 22 settembre 2005, n. 4964). Gesuele Bellini
Consiglio di Stato, sez. IV, 24 maggio 2007, n. 2651 - Bellini Gesuele
E' questa la decisione del Consiglio di Stato, sezione IV, nella sentenza 24 maggio 2007 n. 2651, che ha visto coinvolto un funzionario tributario, per il quale la Direzione Provinciale del Tesoro aveva disposto il recupero di un'ingente somma, da lui indebitamente percepita. L'interessato, proponendo ricorso, deduceva l'illegittimità del provvedimento, adducendo a propria difesa, tra l'altro, la violazione del principio di affidamento e dei principi in tema di recupero somme indebitamente percepite, sostenendo il suo stato di buona fede. Il Collegio, interessato della questione, respinge il ricorso, richiamando conforme giurisprudenza (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 15 gennaio 2002, n. 8; C.d.S., sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8274; sez. VI, 12 dicembre 2002, n. 6787; 20 dicembre 2005, n. 7221) in base alla quale, il principio che ammette il recupero di somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione ai propri dipendenti "ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'articolo 2033 del codice civile, di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate". "La doverosità", continua il Consiglio di Stato, "esclude che l'amministrazione sia tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo invece sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto alle somme corrisposte" (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 2001, n. 5540; 22 settembre 2005, n. 4983; sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3674; 10 gennaio 2003, n. 43). Infine, riguardo la rilevanza buona fede del debitore, i giudici di Palazzo Spada, fanno rilevare che la giurisprudenza maggioritaria (C.d.S., sez. IV, 12 maggio 2006, n. 2679; VI, 12 luglio 2004, n. 5067; 3 dicembre 2003, n. 7953; 7 luglio 2003, n. 4012; 17 ottobre 2005, n. 5813) ritiene che "essa non può rappresentare un ostacolo all'esercizio da parte dell'amministrazione del recupero dell'indebito neppure quando intervenga a lunga distanza di tempo dall'erogazione delle somme, comportando in capo all'Amministrazione solo l'obbligo di procedere al recupero stesso con modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore" (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 14 ottobre 1999, n. 517; C.d.S., IV, 22 settembre 2005, n. 4964). Gesuele Bellini
Consiglio di Stato, sez. IV, 24 maggio 2007, n. 2651 - Bellini Gesuele
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