I pubblici impiegati appartenente alla qualifica C2 e C3 (ex 8° e 9° livello) che hanno maturato 5 anni di anzianità in dette posizioni, ai sensi dell'art. 17 bis, del d.lgs. 165/2001, hanno diritto di essere inquadrati nell'area della vicedirigenza. E' quanto ha stabilito dal Tribunale di Roma, nella sentenza 7 marzo 2008, n. 4399. Il caso ha riguardato alcuni dipendenti del Ministero dei Beni Culturali appartenenti all'area C2 e C3, i quali hanno chiamato in giudizio il loro Ministero, assistito e difeso dall'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza anche dell'Aran, per vedersi riconoscere l'inquadramento nell'area della vicedirigenza, così come previsto dall'art. 17 bis del d.lgs 165/2001, introdotto dall'art. 7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n. 145. Quest'ultima normativa, recante "disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato", all'art. 7, comma 3, aggiunge un altro articolo (il 17 bis) al d.lgs 165/2001, con il quale si introduce l'area della vicedirigenza. Il primo comma affida alla contrattazione collettiva la disciplina dell'istituzione di un'apposita area della vicedirigenza nella quale va " ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l'accesso alla ex carriera direttiva anche speciale." Il successivo comma 2 prevede che suddetta disciplina si applichi, ove compatibili, anche alle altre amministrazioni pubbliche. Orbene, la questione, che in sostanza pone il problema delle elevate professionalità connesso alla valorizzazione delle risorse umane, è stata affrontata in questi anni dalle Organizzazioni Sindacali, ma opposte visioni non hanno permesso la definizione di un accordo al riguardo. L'indirizzo prevalente è stato sempre contrario all'istituzione dell'area dei vicedirigenti ritenendola inadeguata e non funzionale all'organizzazione del lavoro, ma, comunque, sembrava pacifico che la sua piena attuazione fosse riservata alla contrattazione collettiva: opinione quest'ultima sostenuta anche dalla parte resistente nel ricorso in argomento. Il giudice capitolino non è stato dello stesso avviso, il quale seguendo un orientamento della giurisprudenza in materia di pubblico impiego (Cass. 27-9-2005, n. 18829), ha affermato che l'efficacia derogatoria riconosciuta ai contratto collettivo rispetto alla legge, ai sensi dell' art. 2 del d.lgs n. 165/2001, presuppone che la legge della cui deroga si tratti non investa la parte collettiva del compito della propria attuazione. Nel caso in esame - prosegue il Tribunale di Roma - atteso che l'art 17 bis citato rinvia alla contrattazione collettiva la disciplina dell'istituto della vicedirigenza, ove la contrattazione collettiva non applichi la vicedirigenza nel termine dell'approvazione del contratto medesimo, "è lo stesso organo giudicante ad attribuire la qualifica ai lavoratori aventi i requisiti legislativi prescritti e ciò, in modo analogo a quanto vien rilevato nel lavoro privato per la qualifica di "quadro" , avendo la norma in parola carattere inderogabile". In pratica, secondo il giudice decidente, la normativa di cui all'art. 17 bis attribuisce ai lavoratori, in possesso dei previsti requisiti, diritti soggettivi immediati ed incondizionati, e, pertanto, ha accolto il ricorso riconoscendo agli interessati il diritto alla qualifica di vicedirigenti, condannando le parti resistenti alle spese processuali. (Dott. Gesuele Bellini - Responsabile della sezione pubblico impiego dell'osservatorio)
Tribunale di Roma, sentenza n. 7 marzo 2008, n. 4399 - Bellini Gesuele
Tribunale di Roma, sentenza n. 7 marzo 2008, n. 4399 - Bellini Gesuele
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