5 marzo 2008 - 24 giugno 2008. Tanto è durata la legge n. 188 del 17 ottobre 2007 che aveva introdotto l'obbligo per il lavoratore di presentare le proprie dimissioni su un apposito modulo indicante la data di emissione e un codice alfanumerico progressivo di identificazione. Dal 5 marzo al 24 giugno è stato infatti possibile dimettersi solamente tramite un pc collegato al sito del Ministero del Lavoro. Occorreva registrarsi, compilare on-line il modulo, stamparlo e consegnarlo al datore di lavoro entro 15 giorni dalla sua emissione. Oggi, dopo soli tre mesi e mezzo, viene abolito il tanto pubblicizzato modulo telematico e torna la tradizionale lettera di dimissioni cui eravamo da anni abituati (e a questo punto, forse, affezionati). Il decreto legge* n. 112 del 25 giugno 2008 - pubblicato lo stesso giorno sulla Gazzetta Ufficiale - ha infatti abrogato la nuova e già vecchia legge sulle dimissioni. All'indomani dell'entrata in vigore della legge 188/2007, scrivevo su questa stessa testata giornalistica un articolo dal titolo ‘Le nuove dimissioni: effetti collaterali'. La legge era nata con il preciso fine di sopprimere una prassi tutt'oggi assai diffusa (almeno, stando alle Relazioni del Senato sul disegno di legge, numero 1695 e 1248 del 2007): quella delle dimissioni ‘in bianco', vale a dire quelle dimissioni ‘confezionate' mediante la sottoscrizione di un foglio bianco da parte del lavoratore in modo che, all'occorrenza, il datore di lavoro possa agevolmente mascherare un licenziamento illegittimo dietro a dimissioni in apparenza libere e volontarie. "Se mi dovessi basare soltanto sulla mia esperienza professionale" - così scrivevo nel citato articolo - "direi che non sono molte le cause pendenti davanti al Tribunale del Lavoro che hanno come oggetto dimissioni ‘in bianco', e potrei quindi addirittura dubitare dell'utilità di una legge ad hoc". Inoltre, nel mio articolo mettevo in luce la scarsa conoscenza della nuova legge da parte dei datori e dei lavoratori e il rischio che dimissioni formalmente nulle - perché rassegnate senza il nuovo modulo - potessero pregiudicare gli aspetti, non solo economici, legati alla delicata fase di cessazione del rapporto di lavoro o potessero compromettere gli equilibri, spesso precari, di organizzazione e gestione aziendale. Sottolineavo, infine, la sempre maggiore ‘burocratizzazione' di un Mercato del Lavoro ‘vecchio' e la facilità con la quale la nuova legge sulle dimissioni poteva essere raggirata. Poi, dopo soli tre mesi e mezzo, ecco il retrofront del Governo con un intervento ad ampio raggio (il decreto legge 112/2008) che fa da preludio al programma della nuova Legislatura che, in ambito lavoristico, si pone due principali obiettivi: la semplificazione del quadro normativo e la modernizzazione del Mercato del Lavoro. Cara vecchia lettera di dimissioni…
Maximilian Maria Russo (avvocato)
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* Il decreto legge è un provvedimento provvisorio del Governo con forza di legge che entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Se, però, non viene convertito in legge entro 60 giorni, decade con effetto retroattivo (come se non fosse mai esistito). Le Camere, tuttavia, possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito.
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