Il 24 ottobre scorso, il Comitato Nazionale per la Bioetica, ha approvato il parere "Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario nella relazione paziente-medico", curato dai prof. Stefano Canestrari, prof. Lorenzo d'Avack e prof.ssa Laura Palazzani. Lo rende noto in un comunicato stampa, lo stesso Comitato nazionale di Biotetica che ha ritenuto importante discutere su questo tema in riferimento ai pazienti completamente capaci di intendere e di volere e capaci di manifeste la propria volontà per quanto riguarda il rifiuto, e cioè la richiesta di non inizi e la rinuncia ai trattamenti sanitari, cioè la sospensione delle terapie salvavita. La discussione ha visto due posizioni contrapposte. In particolare un gruppo di persone ha sottolineato il carattere di indisponibilità della vita, per cui non sarebbe possibile interrompere le cure mediche di propria volontà. Il paziente avrebbe l'obbligo morale di vivere ma non sarebbe ipotizzabile un profilo di coercibilità per quanto concerne le cure mediche. Nel caso di dipendenza, sia per ragioni morali ma anche per ragioni giuridiche che fanno riferimento al combinato disposto degli art.32 della Costituzione e degli artt.579 e 580 del codice penale sull'omicidio del consenziente e sull'istigazione o aiuto al suicidio, "non è ritenuta ammissibile la rinuncia di terapie da parte di un paziente in condizione dì dipendenza, che si traduce nella richiesta al medico di svolgere un'attività emissiva o commissiva che lo conduca alla morte", come si legge dal comunicato stampa. Sarebbe ritenuto altrettanto meritevole di tutela il bene vita anche per il secondo gruppo che pur difendendo questo primario bene giuridico, non riconosce però alla vita il profilo di indisponibilità. Alcuni membri hanno infatti evidenziato che la vita ha un senso relativo in base ad ogni individuale considerazione ed è necessario rispettare quindi il valore che ogni soggetto conferisce alla propria esistenza. Questo secondo gruppo ritiene che in nome del principio consenso/dissenso informato sia giusto moralmente e giuridicamente la richiesta di rifiuto o di rinuncia al trattamento sanitario da parte di un paziente sia autonomo che in situazione di dipendenza. A sostegno di questa posizione si è tenuto conto anche di un'interpretazione in chiave personalistica degli artt.13 e 32 co. 2. della nostra Costituzione. Nonostante il parere negativo di 3 membri del comitato, si è arrivati alla formulazione di alcuni punti importanti come ad esempio il principio per cui "la formale acquisizione del consenso - si legge nel comunicato stampa - non si risolva in uno sbrigativo adempimento burocratico ma sia preceduta da un'adeguata fase di comunicazione e interazione fra il soggetto in grado di fornire le informazioni necessarie (il medico) ed il soggetto chiamato a compiere la scelta (il paziente)". Infine, il comunicato, fa sapere che alcuni membri del Comitato non sono ritrovati in quello che è emerso alla fine del dibattito e si sono riservati quindi di mettere per iscritto le loro posizioni biogiuridiche e bioetiche in un'apposita postilla che verrà pubblicata insieme al Parere del 24 ottobre 2008.
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