Occupandosi di abusi sessuali commessi da un cappellano in servizio presso la casa circondariale di Salerno, la Corte di Cassazione ha evidenziato che nelle carceri (anche dopo la riforma del 1975 con cui sono stati fatti, si pur con qualche "timidezza", dei passi verso la laicità) il cappellano, pur non essendo un pubblico ufficiale 'svolge sicuramente un servizio pubblico'. La Corte ha per questo confermato la condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione per il reato di concussione nei confronti del cappellano colpevole di abusi sessuali ai danni di alcuni detenuti. Nella parte motiva della sentenza (12/2009) la Corte denuncia il fatto che 'la riforma carceraria del 1975, tradendo in parte i propositi di laicizzazione della vita pubblica, continua a prevedere che il trattamento del condannato e dell'internato sia svolto avvalendosi anche della religione e, a tal fine, mantiene il servizio di assistenza cattolica come servizio stabile e interno alla struttura penitenziaria, ma non può sottacersi - spiega la Corte - che, nella prospettiva di affrancarsi, con una qualche timidezza, da tendenze confessionali, ha comunque rimosso il cappellano dal Consiglio di disciplina e dalla quasi totalità delle funzioni amministrative che il regolamento precedente gli conferiva'. A prescindere da queste privazioni il cappellano continua a svolgere 'compiti di natura religiosa che consistono nell'organizzare e presiedere alle pratiche di culto e nell'istruire e assistere i detenuti'. Proprio per questo il cappellano svolge 'sicuramente un servizio pubblico la cui natura e' conclamata dalla normativa che lo governa, dall'assenza dei poteri tipici della funzione pubblica, dall'attività intellettiva e non meramente applicativa o esecutiva che lo caratterizza'. La Corte, nel confermare la condanna inflitta al cappellano dai giudici di merito, per aver aver preteso prestazioni di natura sessuale da alcuni detenuti, ha evidenziato che sussiste il reato di concussione avendo l'imputato 'indotto i detenuti a soddisfare le sue insane pulsioni sessuali sfruttando indebitamente la propria posizione di preminenza fino a garantire non consentiti contatti tra il mondo esterno e i detenuti'.
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