La sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione, ha stabilito in che sono valide le dichiarazioni concordanti in merito ai versamenti in nero dell'immobiliare che evade le tasse. Lo dice la sentenza n. 6638 del 18 marzo 2009, che ha accolto il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate contro un immobiliare che intascava in nero parte del prezzo, pagando le tasse solo per la metà del prezzo degli appartamenti venduti. "Il giudicante a quo - sostiene l'agenzia delle entrate, (come si legge dalla sentenza) - avrebbe omesso di prendere in esame e di valutare le dichiarazioni di terzi raccolte dalla guardia di finanza - quattro delle quali concordanti circa l'avvenuto versamento "in nero" di una parte del prezzo d'acquisto di appartamenti costruiti e venduti dalla società contribuente - nell'erroneo convincimento che le sommarie informazioni rese da terzi agli organi investigativi e trascritte nel verbale di constatazione non possano, per loro natura e per il divieto testimoniale nel giudizio tributario (art.7, co.4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546) essere poste a base del giudizio presuntivo; e che quelle in atti non costituiscano indizi precisi e gravi, fra loro concordanti, idonei di per se a far presumere la fondatezza fiscale, senza bisogno di riscontri documentali. La corte ha deciso il caso, cassando la sentenza impugnata e affermando che "con giurisprudenza da cui il collegio non ha motivo di discostarsi, non essendo state addotte valide argomentazioni contrarie, che le dichiarazioni rese da terzi nel corso della procedura di accertamento sono utilizzabili nel contenzioso tributario, pur caratterizzato dal divieto di prova testimoniale, quali indizi a supporto della pretesa dell'ufficio (C.cost. sent. n. 18/2000; Cass. Nn. 9402/2007, 14774/2000); e che la presunzione ha valore autonomo di prova della pretesa fiscale, senza necessità di riscontri documentali, se fondata, con criterio probabilistico e non di assoluta necessità,(…) su indizi che, valutati singolarmente e nel complesso delle acquisizioni processuali (…) siano ritenuti dal giudice di merito gravi, precisi e concordanti, con giudizio non suscettibile di riesame in sede di legittimità se congruamente motivato. Tale presunzione sposta sul contribuente l'onere della prova contraria"
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