In un comunicato stampa la SIAE ha reso nota l'intervenuta pubblicazione sulla gazzetta ufficiale n. 80 del 6 aprile 2009 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2009, n. 31 con il quale sarebbe stato reintrodotto in Italia l'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE: obbligo che, come ricorderanno i lettori di Punto Informatico, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con una Sentenza dell'8 novembre 2007 aveva stabilito essere inopponibile ai privati.
Stando a quanto si legge nel comunicato stampa la pubblicazione in Gazzetta del citato decreto chiuderebbe l'annosa vicenda apertasi a seguito della richiamata Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea reintroducendo, di fatto, nel nostro Ordinamento l'obbligo di apposizione del contrassegno su tutti i supporti contenenti opere dell'ingegno. La questione, in realtà, è meno semplice di quanto in casa SIAE si vorrebbe dare a vedere.
Cominciamo dal principio.
Con l'ormai nota Sentenza la Corte di Giustizia aveva ritenuto che l'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE costituisse una misura tecnica e che, pertanto, in assenza della preventiva prescritta comunicazione della disciplina impositiva di tale obbligo alla Commissione, l'obbligo medesimo avrebbe dovuto considerarsi inopponibile ai privati.
L'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è sancito nell'Ordinamento italiano dall'art. 181 bis LDA che stabilisce - e stabiliva all'epoca della pronuncia dei giudici europei - che "la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) appone un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci e immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere tra quelle indicate nell'articolo 1, primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro".
Nessun dubbio, pertanto, che la disposizione di legge attraverso la quale è stato introdotto nel nostro Ordinamento l'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è rappresentata dalla citata previsione di cui alla legge sul diritto d'autore e non già dal vecchio decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 338 del 2001, attraverso il quale si è, semplicemente, data attuazione a detta previsione.
Sussiste, pertanto, almeno il dubbio che il Governo avrebbe dovuto comunicare alla commissione una nuova bozza dell'art. 181 bis LDA e procedere poi - qualora la Commissione non sollevasse obiezioni - al varo di una nuova disciplina di rango primario recante, appunto, detto obbligo. Ciò, naturalmente, avrebbe richiesto tempi assai più lunghi e, soprattutto, esposto il Governo e SIAE al rischio di una bocciatura della nuova disposizione di legge in Parlamento.
Al riguardo sembra anche il caso di ricordare che nei mesi scorsi si è aperto un ampio dibattito sull'opportunità di continuare ad utilizzare nel nostro Paese - solo in Europa assieme a Portogallo e Romania - una misura antipirateria anacronistica e ritenuta inutile ed anzi dannosa dalla stessa Federazione dell'Industria Musicale Italiana, e che è stato addirittura depositato in Senato un disegno di legge volto alla definitiva eliminazione dell'obbligo di apposizione del contrassegno.
Si è scelta, tuttavia, la strada più corta e, soprattutto, quella meno democratica - in senso tecnico - ovvero quella idonea a consentire il ripristino di uno dei tanti balzelli all'italiana senza l'esigenza di alcun serio dibattito e confronto. Sarà il tempo - e forse, ancora una volta la Corte di Giustizia - nei prossimi anni a dire se la fretta e la volontà di riattivare una delle principali fonti di introito della Società italiana autori ed editori hanno suggerito al Governo la strada giusta o, piuttosto, quella sbagliata.
I dubbi e le perplessità sul decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri appena pubblicato in Gazzetta e, più in generale, sull'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE, tuttavia, non finiscono qui. Il decreto contiene, innanzitutto, ben nascoste tra le pieghe del suo complesso articolato, due inquietanti disposizioni che potrebbero essere ribattezzate, senza troppa fantasia, "Salva SIAE".
Si tratta del comma 2 dell'art. 1 attraverso il quale si è inteso conferire alla disciplina secondaria appena varata efficacia retroattiva, prevedendo che sarebbero legittimamente circolanti, successivamente all'entrata in vigore del vecchio DPCM 338/2001 - del quale il nuovo decreto è chiamato a prendere il posto - i soli supporti conformi a detto decreto ovvero recanti il contrassegno SIAE. Non è così e la disposizione è, evidentemente, contraria ai più elementari principi del diritto.
Non vi è infatti nessun dubbio che, almeno sino all'entrata in vigore del nuovo regolamento appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, in Italia la legittimità della circolazione di un supporto non poteva e non potrà neppure in futuro essere ricollegata alla presenza o assenza del contrassegno SIAE e ciò perché la Corte di Giustizia ha già chiarito che un simile obbligo non può essere opposto ad un cittadino europeo in assenza della preventiva comunicazione della relativa disposizione impositiva alla Commissione UE.
Non serve essere fini giuristi per comprendere che la recente comunicazione alla Commissione di una bozza di regolamentazione tecnica peraltro diversa da quella originaria non dispone di alcuna efficacia retroattiva né può essere considerata quale "sanatoria ex post" rispetto ad una situazione di conclamata illegittimità. Il nuovo regolamento sulle misure tecniche di apposizione del contrassegno SIAE, pertanto, avrebbe dovuto circoscrivere il proprio ambito temporale di applicazione a far data dalla sua entrata in vigore come accade, di norma, in ogni Paese civile, allorquando lo Stato decide di imporre ai propri cittadini nuovi oneri o balzelli.
Non in questo caso, però, perché la priorità del Governo era quella di provare a porre la SIAE al riparo dalle azioni di ripetizione dei milioni di euro sin qui incassati senza titolo ed occorreva quindi dotare il decreto di un'inusuale ed illegittima efficacia retroattiva. È una brutta norma che prima ancora che illegittima è offensiva dell'Autorità della Corte di Giustizia e, soprattutto, della democrazia.
Il contrassegno SIAE costituisce una prestazione patrimoniale imposta ed appartiene, dunque, all'universo delle imposte: fuor di giuridichese, quindi, attraverso la disposizione in commento, si sta dicendo che un regolamento di attuazione del 2009 può imporre retroattivamente, sin dal 2001, l'obbligo di pagamento di un balzello in barba ad una decisione della Corte di Giustizia con la quale si è ritenuto detto obbligo inopponibile ai cittadini europei.
La seconda norma "Salva SIAE" nascosta - forse ancor meglio della precedente - nelle pieghe dell'articolato del nuovo DPCM, è il comma 8 dell'art. 6, a norma del quale sarebbero "fatti salvi in ogni caso gli atti ed i rapporti intervenuti tra la SIAE ed i soggetti indicati dall'art. 181 bis" LDA. La disposizione va ad aggiungersi al lungo elenco di previsioni "ad personam" che affollano, ormai, il nostro Ordinamento. Fuor di giuridichese, infatti, la previsione costituisce un grossolano ed approssimativo tentativo di cristallizzare gli effetti dei rapporti intercorsi tra la SIAE ed i richiedenti per il rilascio del contrassegno.
Si tratta di un'elegante traduzione del brocardo "Chi ha dato, ha dato e chi ha avuto, ha avuto". L'obiettivo è evidente: consentire a SIAE di sostenere che essa non è tenuta a restituire ai privati quanto incassato in virtù di una previsione di legge, dichiarata loro inopponibile dai più alti Giudici Europei. Brutta norma anche questa che fa assai poco onore a chi l'ha suggerita ed al Governo che, per ovvie ragioni di comodo e non certo a tutela dell'interesse pubblico, l'ha fatta sua e recepita in un provvedimento firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro dei beni e delle attività culturali e controfirmato dal Ministro della Giustizia.
Cultura e giustizia, appunto, due valori e contenitori di principi che sembrano difettare completamente al nuovo regolamento sull'apposizione del contrassegno SIAE appena pubblicato in Gazzetta. Varrà, forse, infine, la pena di ricordare - ma anche questo formerà oggetto di ampio dibattito negli anni a venire e probabilmente ancora una volta dinanzi alla Corte di Giustizia - che il testo del nuovo DPCM non tiene, sostanzialmente, in nessun conto le osservazioni formulate dalla Commissione UE allorquando il nostro Governo, nell'aprile del 2008, le trasmise, per la prima volta, la bozza di tale provvedimento che aveva in animo di varare per porre rimedio alla situazione venutasi a creare a seguito della decisione dei giudici europei.
Ci sarebbe molto altro da dire sul contenuto del nuovo regolamento ma, lo scopriremo - da utenti ed addetti ai lavori - nei prossimi mesi allorquando ci troveremo ad interrogarci su dove vada apposto il contrassegno sui nuovi supporti enumerati nel regolamento medesimo quali le chiavi USB (quelle contenenti il software per l'apposizione della firma digitale ad esempio!), i microchip o, piuttosto, le schede SD. Signori certificatori, quindi, siete avvertiti: nel nostro Paese distribuire supporti contenenti software applicativo per l'apposizione della firma digitale senza aver acquistato i famigerati bollini costituisce reato.
Un bell'incentivo alla diffusione delle firme digitali.
Analoghe scoperte, faremo nelle settimane che verranno allorquando dovremo chiederci come apporre il contrassegno sui cd distribuiti unitamente ai telefonini ed ad altri dispositivi informatici che contengono oltre ai sistemi operativi necessari a far funzionare tali apparati anche talune applicazioni di base. Il nuovo regolamento, infatti, a differenza del precedente, esclude dall'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE i soli supporti contenenti "programmi per elaboratore aventi carattere di sistema operativo" (mi auguro che il termine abbia un significato univoco che io non conosco!) se distribuiti, tra le altre ipotesi, gratuitamente o con periferiche o apparati telefonici.
I grandi marchi della telefonia mobile, i produttori di periferiche e dispositivi analoghi, dunque, sono avvertiti: in Italia commercializzare i propri prodotti senza apporre il famigerato contrassegno sul CD o DVD incluso nella confenzione e contenente gadgets multimediali ed applicazioni software, costituisce reato!
Guido Scorza
www.guidoscorza.it
Articolo pubblicato su autorizzazione di punto-informatico.it
Stando a quanto si legge nel comunicato stampa la pubblicazione in Gazzetta del citato decreto chiuderebbe l'annosa vicenda apertasi a seguito della richiamata Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea reintroducendo, di fatto, nel nostro Ordinamento l'obbligo di apposizione del contrassegno su tutti i supporti contenenti opere dell'ingegno. La questione, in realtà, è meno semplice di quanto in casa SIAE si vorrebbe dare a vedere.
Cominciamo dal principio.
Con l'ormai nota Sentenza la Corte di Giustizia aveva ritenuto che l'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE costituisse una misura tecnica e che, pertanto, in assenza della preventiva prescritta comunicazione della disciplina impositiva di tale obbligo alla Commissione, l'obbligo medesimo avrebbe dovuto considerarsi inopponibile ai privati.
L'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è sancito nell'Ordinamento italiano dall'art. 181 bis LDA che stabilisce - e stabiliva all'epoca della pronuncia dei giudici europei - che "la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) appone un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci e immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere tra quelle indicate nell'articolo 1, primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro".
Nessun dubbio, pertanto, che la disposizione di legge attraverso la quale è stato introdotto nel nostro Ordinamento l'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è rappresentata dalla citata previsione di cui alla legge sul diritto d'autore e non già dal vecchio decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 338 del 2001, attraverso il quale si è, semplicemente, data attuazione a detta previsione.
Sussiste, pertanto, almeno il dubbio che il Governo avrebbe dovuto comunicare alla commissione una nuova bozza dell'art. 181 bis LDA e procedere poi - qualora la Commissione non sollevasse obiezioni - al varo di una nuova disciplina di rango primario recante, appunto, detto obbligo. Ciò, naturalmente, avrebbe richiesto tempi assai più lunghi e, soprattutto, esposto il Governo e SIAE al rischio di una bocciatura della nuova disposizione di legge in Parlamento.
Al riguardo sembra anche il caso di ricordare che nei mesi scorsi si è aperto un ampio dibattito sull'opportunità di continuare ad utilizzare nel nostro Paese - solo in Europa assieme a Portogallo e Romania - una misura antipirateria anacronistica e ritenuta inutile ed anzi dannosa dalla stessa Federazione dell'Industria Musicale Italiana, e che è stato addirittura depositato in Senato un disegno di legge volto alla definitiva eliminazione dell'obbligo di apposizione del contrassegno.
Si è scelta, tuttavia, la strada più corta e, soprattutto, quella meno democratica - in senso tecnico - ovvero quella idonea a consentire il ripristino di uno dei tanti balzelli all'italiana senza l'esigenza di alcun serio dibattito e confronto. Sarà il tempo - e forse, ancora una volta la Corte di Giustizia - nei prossimi anni a dire se la fretta e la volontà di riattivare una delle principali fonti di introito della Società italiana autori ed editori hanno suggerito al Governo la strada giusta o, piuttosto, quella sbagliata.
I dubbi e le perplessità sul decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri appena pubblicato in Gazzetta e, più in generale, sull'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE, tuttavia, non finiscono qui. Il decreto contiene, innanzitutto, ben nascoste tra le pieghe del suo complesso articolato, due inquietanti disposizioni che potrebbero essere ribattezzate, senza troppa fantasia, "Salva SIAE".
Si tratta del comma 2 dell'art. 1 attraverso il quale si è inteso conferire alla disciplina secondaria appena varata efficacia retroattiva, prevedendo che sarebbero legittimamente circolanti, successivamente all'entrata in vigore del vecchio DPCM 338/2001 - del quale il nuovo decreto è chiamato a prendere il posto - i soli supporti conformi a detto decreto ovvero recanti il contrassegno SIAE. Non è così e la disposizione è, evidentemente, contraria ai più elementari principi del diritto.
Non vi è infatti nessun dubbio che, almeno sino all'entrata in vigore del nuovo regolamento appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, in Italia la legittimità della circolazione di un supporto non poteva e non potrà neppure in futuro essere ricollegata alla presenza o assenza del contrassegno SIAE e ciò perché la Corte di Giustizia ha già chiarito che un simile obbligo non può essere opposto ad un cittadino europeo in assenza della preventiva comunicazione della relativa disposizione impositiva alla Commissione UE.
Non serve essere fini giuristi per comprendere che la recente comunicazione alla Commissione di una bozza di regolamentazione tecnica peraltro diversa da quella originaria non dispone di alcuna efficacia retroattiva né può essere considerata quale "sanatoria ex post" rispetto ad una situazione di conclamata illegittimità. Il nuovo regolamento sulle misure tecniche di apposizione del contrassegno SIAE, pertanto, avrebbe dovuto circoscrivere il proprio ambito temporale di applicazione a far data dalla sua entrata in vigore come accade, di norma, in ogni Paese civile, allorquando lo Stato decide di imporre ai propri cittadini nuovi oneri o balzelli.
Non in questo caso, però, perché la priorità del Governo era quella di provare a porre la SIAE al riparo dalle azioni di ripetizione dei milioni di euro sin qui incassati senza titolo ed occorreva quindi dotare il decreto di un'inusuale ed illegittima efficacia retroattiva. È una brutta norma che prima ancora che illegittima è offensiva dell'Autorità della Corte di Giustizia e, soprattutto, della democrazia.
Il contrassegno SIAE costituisce una prestazione patrimoniale imposta ed appartiene, dunque, all'universo delle imposte: fuor di giuridichese, quindi, attraverso la disposizione in commento, si sta dicendo che un regolamento di attuazione del 2009 può imporre retroattivamente, sin dal 2001, l'obbligo di pagamento di un balzello in barba ad una decisione della Corte di Giustizia con la quale si è ritenuto detto obbligo inopponibile ai cittadini europei.
La seconda norma "Salva SIAE" nascosta - forse ancor meglio della precedente - nelle pieghe dell'articolato del nuovo DPCM, è il comma 8 dell'art. 6, a norma del quale sarebbero "fatti salvi in ogni caso gli atti ed i rapporti intervenuti tra la SIAE ed i soggetti indicati dall'art. 181 bis" LDA. La disposizione va ad aggiungersi al lungo elenco di previsioni "ad personam" che affollano, ormai, il nostro Ordinamento. Fuor di giuridichese, infatti, la previsione costituisce un grossolano ed approssimativo tentativo di cristallizzare gli effetti dei rapporti intercorsi tra la SIAE ed i richiedenti per il rilascio del contrassegno.
Si tratta di un'elegante traduzione del brocardo "Chi ha dato, ha dato e chi ha avuto, ha avuto". L'obiettivo è evidente: consentire a SIAE di sostenere che essa non è tenuta a restituire ai privati quanto incassato in virtù di una previsione di legge, dichiarata loro inopponibile dai più alti Giudici Europei. Brutta norma anche questa che fa assai poco onore a chi l'ha suggerita ed al Governo che, per ovvie ragioni di comodo e non certo a tutela dell'interesse pubblico, l'ha fatta sua e recepita in un provvedimento firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro dei beni e delle attività culturali e controfirmato dal Ministro della Giustizia.
Cultura e giustizia, appunto, due valori e contenitori di principi che sembrano difettare completamente al nuovo regolamento sull'apposizione del contrassegno SIAE appena pubblicato in Gazzetta. Varrà, forse, infine, la pena di ricordare - ma anche questo formerà oggetto di ampio dibattito negli anni a venire e probabilmente ancora una volta dinanzi alla Corte di Giustizia - che il testo del nuovo DPCM non tiene, sostanzialmente, in nessun conto le osservazioni formulate dalla Commissione UE allorquando il nostro Governo, nell'aprile del 2008, le trasmise, per la prima volta, la bozza di tale provvedimento che aveva in animo di varare per porre rimedio alla situazione venutasi a creare a seguito della decisione dei giudici europei.
Ci sarebbe molto altro da dire sul contenuto del nuovo regolamento ma, lo scopriremo - da utenti ed addetti ai lavori - nei prossimi mesi allorquando ci troveremo ad interrogarci su dove vada apposto il contrassegno sui nuovi supporti enumerati nel regolamento medesimo quali le chiavi USB (quelle contenenti il software per l'apposizione della firma digitale ad esempio!), i microchip o, piuttosto, le schede SD. Signori certificatori, quindi, siete avvertiti: nel nostro Paese distribuire supporti contenenti software applicativo per l'apposizione della firma digitale senza aver acquistato i famigerati bollini costituisce reato.
Un bell'incentivo alla diffusione delle firme digitali.
Analoghe scoperte, faremo nelle settimane che verranno allorquando dovremo chiederci come apporre il contrassegno sui cd distribuiti unitamente ai telefonini ed ad altri dispositivi informatici che contengono oltre ai sistemi operativi necessari a far funzionare tali apparati anche talune applicazioni di base. Il nuovo regolamento, infatti, a differenza del precedente, esclude dall'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE i soli supporti contenenti "programmi per elaboratore aventi carattere di sistema operativo" (mi auguro che il termine abbia un significato univoco che io non conosco!) se distribuiti, tra le altre ipotesi, gratuitamente o con periferiche o apparati telefonici.
I grandi marchi della telefonia mobile, i produttori di periferiche e dispositivi analoghi, dunque, sono avvertiti: in Italia commercializzare i propri prodotti senza apporre il famigerato contrassegno sul CD o DVD incluso nella confenzione e contenente gadgets multimediali ed applicazioni software, costituisce reato!
Guido Scorza
www.guidoscorza.it
Articolo pubblicato su autorizzazione di punto-informatico.it
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