Con la sentenza n. 7383 del 2009, il Tribunale Civile di Roma Sezione Lavoro ha respinto la domanda di un dottore commercialista volta a conseguire la riliquidazione del trattamento pensionistico da parte della Cassa Nazionale di Previdenza dei Dottori Commercialisti con riguardo alla quota relativa alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003. Secondo la prospettazione di parte ricorrente disattesa dall'adito Giudice, tale quota di pensione avrebbe dovuto essere calcolata integralmente con le regole previste dalla Legge n. 21 del 1986 (istitutiva della Cassa) e non sulla base delle disposizioni del regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con d.i. del 14 luglio 2004 che ha modificato il sistema previdenziale della Cassa Commercialisti introducendo un sistema contributivo affine a quello introdotto, per la generalità dei lavoratori dipendenti, dalla Legge n. 335 del 1995.
Tale nuovo sistema previdenziale ha previsto un calcolo della pensione articolato in due quote delle quali, la seconda, relativa alle anzianità contributive maturate successivamente all'entrata in vigore del regolamento, calcolata con metodo contributivo e la prima, relativa alle anzianità contributive precedenti, calcolata secondo il metodo reddituale previgente nel dichiarato rispetto del principio del pro rata imposto dall'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995.
Il profilo problematico (che, invero, riguarda non solo la riforma deliberata dalla Cassa Commercialisti ed oggetto del presente commento ma anche quella deliberata, nel medesimo arco temporale, dalla Cassa Ragionieri) che ha formato oggetto della richiamata pronuncia, riguarda proprio il calcolo della quota riferibile alle anzianità contributive maturate prima dell'entrata in vigore del regolamento in quanto, pur avendo la Cassa Commercialisti mantenuto il sistema di calcolo c.d. reddituale, ha, con specifiche norme contenute nel nuovo regolamento, di fatto, modificato i criteri per il calcolo di tale quota reddituale, finendo per incidere considerevolmente sull'importo della stessa.
In particolare la cassa Commercialisti ha deliberato di incrementare progressivamente il numero dei redditi da inserire nella base pensionabile della c.d. quota A ed ha previsto che la stessa sia calcolata prendendo, come riferimento, non già i redditi dichiarati prima del pensionamento ma quelli antecedenti al 1 gennaio 2004.
L'incremento dei redditi da inserire nella base pensionabile produce un evidente effetto diminuente sulla quota pensionistica in quanto l'andamento dei redditi dei liberi professionisti è notoriamente caratterizzato da un progressivo innalzamento con il passare degli anni; tale effetto è ulteriormente accentuato dal fatto che i redditi vengono individuati procedendo a ritroso dal 2004 e non dalla data del pensionamento. Un ultimo non indifferente abbattimento della quota viene poi prodotto dal fatto che, con l'incremento dei redditi della base, vengono automaticamente presi in considerazione redditi antecedenti il 1987 che hanno un valore convenzionale mediamente più basso rispetto ai redditi effettivi. Il ricorrente ha sostenuto l'illegittimità del regolamento, chiedendone la disapplicazione, nella parte in cui esso ha inciso sulla quota pensionistica relativa alle anzianità contributive maturate prima dell'entrata in vigore del regolamento sostenendo che, in parte qua, esso risulterebbe in contrasto con l'art. 3 comma 12 della Legge n. 335 del 1995.
Tale ultima disposizione prevedeva, nel testo vigente all'epoca dell'entrata in vigore del regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa Commercialisti, che gli enti previdenziali privatizzati potessero adottare: "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti" e che gli stessi possano: "optare per l'adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge". Secondo la prospettazione del ricorrente, l'obbligo di rispetto del pro rata con riferimento alle anzianità pregresse, imposto dal richiamato art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 in ogni ipotesi di modificazione dei criteri di determinazione della pensione, implicava che, in relazione a tali anzianità contributive, il calcolo dovesse effettuarsi secondo la normativa previgente senza alcuna modificazione da parte della normativa successiva.
La pronuncia del Tribunale di Roma, invece, traendo argomento dalla sentenza n. 14701 del 2007 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro, ha affermato che il principio del pro rata non sarebbe suscettibile di applicazione con riferimento a parametri insuscettibili di frazionamento come i sistemi di calcolo della pensione.
Come ho già avuto modo di sottolineare in un approfondimento relativo alla richiamata pronuncia di legittimità su altro autorevole sito, tuttavia, l'argomento dell'insuscettibilità di frazionamento del sistema di calcolo della pensione è tautologico e contrasta con la piana lettura dell'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 posto che tale disposizione, proprio con riferimento alle variazioni dei criteri di determinazione della pensione, pone l'obbligo di rispetto del pro rata.
Inoltre, il principio dell'obbligatorio rispetto del pro rata ha improntato non soltanto il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per la generalità dei lavoratori dipendenti disciplinato dalla medesima legge n. 335 del 1995 (che, come noto, dispone che la quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.1995 sia calcolata secondo la previgente normativa) ma anche la precedente riforma organica del sistema previdenziale pubblico disposta dal D.Lgs. n. 503/92 (c.d. riforma Amato).
L'art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, al riguardo, stabilisce che l'importo della pensione sia determinato, relativamente alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta: "... che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile".
Per ulteriori approfondimenti in tema di autonomia normativa delle Casse previdenziali private
Per ulteriori approfondimenti sul sistema previdenziale della Cassa Commercialisti
Tale nuovo sistema previdenziale ha previsto un calcolo della pensione articolato in due quote delle quali, la seconda, relativa alle anzianità contributive maturate successivamente all'entrata in vigore del regolamento, calcolata con metodo contributivo e la prima, relativa alle anzianità contributive precedenti, calcolata secondo il metodo reddituale previgente nel dichiarato rispetto del principio del pro rata imposto dall'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995.
Il profilo problematico (che, invero, riguarda non solo la riforma deliberata dalla Cassa Commercialisti ed oggetto del presente commento ma anche quella deliberata, nel medesimo arco temporale, dalla Cassa Ragionieri) che ha formato oggetto della richiamata pronuncia, riguarda proprio il calcolo della quota riferibile alle anzianità contributive maturate prima dell'entrata in vigore del regolamento in quanto, pur avendo la Cassa Commercialisti mantenuto il sistema di calcolo c.d. reddituale, ha, con specifiche norme contenute nel nuovo regolamento, di fatto, modificato i criteri per il calcolo di tale quota reddituale, finendo per incidere considerevolmente sull'importo della stessa.
In particolare la cassa Commercialisti ha deliberato di incrementare progressivamente il numero dei redditi da inserire nella base pensionabile della c.d. quota A ed ha previsto che la stessa sia calcolata prendendo, come riferimento, non già i redditi dichiarati prima del pensionamento ma quelli antecedenti al 1 gennaio 2004.
L'incremento dei redditi da inserire nella base pensionabile produce un evidente effetto diminuente sulla quota pensionistica in quanto l'andamento dei redditi dei liberi professionisti è notoriamente caratterizzato da un progressivo innalzamento con il passare degli anni; tale effetto è ulteriormente accentuato dal fatto che i redditi vengono individuati procedendo a ritroso dal 2004 e non dalla data del pensionamento. Un ultimo non indifferente abbattimento della quota viene poi prodotto dal fatto che, con l'incremento dei redditi della base, vengono automaticamente presi in considerazione redditi antecedenti il 1987 che hanno un valore convenzionale mediamente più basso rispetto ai redditi effettivi. Il ricorrente ha sostenuto l'illegittimità del regolamento, chiedendone la disapplicazione, nella parte in cui esso ha inciso sulla quota pensionistica relativa alle anzianità contributive maturate prima dell'entrata in vigore del regolamento sostenendo che, in parte qua, esso risulterebbe in contrasto con l'art. 3 comma 12 della Legge n. 335 del 1995.
Tale ultima disposizione prevedeva, nel testo vigente all'epoca dell'entrata in vigore del regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa Commercialisti, che gli enti previdenziali privatizzati potessero adottare: "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti" e che gli stessi possano: "optare per l'adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge". Secondo la prospettazione del ricorrente, l'obbligo di rispetto del pro rata con riferimento alle anzianità pregresse, imposto dal richiamato art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 in ogni ipotesi di modificazione dei criteri di determinazione della pensione, implicava che, in relazione a tali anzianità contributive, il calcolo dovesse effettuarsi secondo la normativa previgente senza alcuna modificazione da parte della normativa successiva.
La pronuncia del Tribunale di Roma, invece, traendo argomento dalla sentenza n. 14701 del 2007 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro, ha affermato che il principio del pro rata non sarebbe suscettibile di applicazione con riferimento a parametri insuscettibili di frazionamento come i sistemi di calcolo della pensione.
Come ho già avuto modo di sottolineare in un approfondimento relativo alla richiamata pronuncia di legittimità su altro autorevole sito, tuttavia, l'argomento dell'insuscettibilità di frazionamento del sistema di calcolo della pensione è tautologico e contrasta con la piana lettura dell'art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 posto che tale disposizione, proprio con riferimento alle variazioni dei criteri di determinazione della pensione, pone l'obbligo di rispetto del pro rata.
Inoltre, il principio dell'obbligatorio rispetto del pro rata ha improntato non soltanto il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per la generalità dei lavoratori dipendenti disciplinato dalla medesima legge n. 335 del 1995 (che, come noto, dispone che la quota pensionistica riferibile alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.1995 sia calcolata secondo la previgente normativa) ma anche la precedente riforma organica del sistema previdenziale pubblico disposta dal D.Lgs. n. 503/92 (c.d. riforma Amato).
L'art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, al riguardo, stabilisce che l'importo della pensione sia determinato, relativamente alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta: "... che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile".
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