Nel parere n.17 del 25 giugno 2009 la commissione consultiva del Consiglio nazionale forense, coordinata dal consigliere Gino Cardone, ha fornito specifiche indicazioni ai consigli dell'ordine forense che gestiscono gli Albi a livello locale in relazione alla iscrizione di chi abbia acquistato il titolo all'estero. D'ora in avanti è necessario che consigli dell'ordine esaminino nel dettaglio le domande di iscrizione. Gli ordini, in particolare, dovranno verificare la consistenza del percorso formativo professionale dell'interessato e quindi, se al titolo acquisito all'estero, corrisponda anche un periodo di esercizio professionale. Lo scopo è quello di verificare che non ci si trovi di fronte a una mera procedura burocratica di trasferimento da un paese all'altro posta in essere per approfittare delle disponibilità offerte dal diritto comunitario La commissione consultiva del Cnf, in particolare, ha risposto ad alcuni quesiti posti dagli ordini di Piacenza e di Vicenza in ordine agli effetti della sentenza della Corte di Giustizia C- 311/06 (cd. sentenza Cavallera, resa in una causa riguardante la professione di ingegnere. CIò che si intende chiarire è se tale sentenza possa avere effetti anche sulle iscrizione all'albo forense di avvocati che abbiano acquisito il titolo di abilitazione in uno dei paesi dell'Unione europea. Tale sentenza ha dichiarato infatti che il riconoscimento dei diplomi di cui alla direttiva 89/48/Cee (oggi 2005/36), presuppone che l'interessato abbia sostenuto esami nello stato di rilascio del titolo ed abbia anche acquisito esperienza professionale. La domanda di riconoscimento di un titolo professionale, sottolinea la Corte di Giustizia, a cui pero' non corrisponda alcuna effettiva esperienza concreta da riconoscersi, da' luogo ad un 'abuso del diritto'. I giudici di Lussemburgo in sostanza hanno fatto proprie le conclusioni dell'avvocato generale che aveva sottolineato come il duplice riconoscimento in uscita e poi in entrata dall'estero del titolo rappresenta una costruzione di puro artificio che contrasta con il principio comunitario in base al quale 'gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario'.
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