La sezione tributaria civile della Corte di Cassazione ha stabilito che il condono dell'Irpef non ferma l'accertamento dell'Iva. Nel caso di specie, nei primi due gradi di giudizio, i giudici avevano accolto le ragioni del contribuente che aveva proposto ricorso avverso l'avviso di accertamento parziale Iva: secondo i giudici, l'unica prova posta a base dell'accertamento Iva era costituito da quanto accertato in materia di Irpef e tale prova era venuta meno, essendo venuto meno, in seguito a condono, l'accertamento Irpef. Con la sentenza n. 21021, depositata il 30 settembre 2009, accogliendo il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, gli Ermellini, hanno invece che "l'applicazione diretta dei principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità amministrativa e capacità contributiva comporta che, anche in difetto di un'espressa previsione legislativa, il valore accertato dall'Amministrazione finanziaria ai fini applicativi di un'imposta (nella specie, l'Iperf) vincola la stessa Amministrazione anche in riferimento all'applicazione di altri tributi (nel caso, l'iva) ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d'imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione, senza che assuma rilievo la circostanza che per la prima imposta il contribuente abbia usufruito del condono fiscale, rimanendo gli effetti di tale beneficio circoscritti nell'ambito esclusivo dell'imposta per cui è stato richiesto il condono (v. cass. N. 19321 del 2006 e, indifferentemente, n.11456 del 2002)". Infine, con il secondo motivo, il fisco ha eccepito, vizio di motivazione per non aver i giudici d'appello evidenziato le ragioni per le quali il condono tombale ai fini Irpef avrebbe fatto venire meno ogni elemento di prova: "la relativa censura - concludono i giudici di legittimità - è invece da ritenersi assorbita a seguito della decisione sul primo motivo, posto che il vizio di motivazione è configurabile solo con riguardo all'accertamento in fatto, risultando irrilevante (se la decisione è conforme a diritto) il fatto che la motivazione in diritto manchi, sia insufficiente ovvero erronea, mentre qualora, come nella specie, la decisione non sia conforme a diritto, la decisone deve essere censurata per violazione di legge (censura proposta con il primo motivo), indipendentemente dalla motivazione in diritto che la sostiene".
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