Dopo la recente sentenza della Corte di Cassazione che aveva convalidato la reintegrazione di un lavoratore finito in carcere per ragioni estranee alla sua attività lavorativa, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha chiarito i termini e la portata di tale sentenza. Secondo i Consulenti, il dipendente assente dal lavoro perche' carcerato non puo' essere licenziato per 'inadempimento', ma il licenziamento puo' avvenire ai sensi dell'articolo 3 delle legge 604 del 1966, in quanto c'e' un'impossibilita' della prestazione lavorativa per "ragioni inerenti all'attivita' produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa". La Corte di Cassazione infatti, spiega la Fondazione, con la sentenza n. 12721 del 1° giugno 2009 "ha stabilito che quando il lavoratore e' assente dal lavoro a causa dello stato di carcerazione preventiva o, comunque, di detenzione a seguito di condanna per fatti estranei al rapporto contrattuale non si e' in presenza di un inadempimento, bensi' di un fatto oggettivo determinante una sopravvenuta impossibilita' temporanea della prestazione lavorativa a norma dell'articolo 1464 c.c.. Si esclude, quindi, la riconducibilita' della fattispecie in esame al licenziamento per inadempimento, sia esso per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo". Ciò non toglie che possano sussistere altre ragioni per il licenziamento. La detenzine infatti puo' costituire giustificato motivo di licenziamento ai sensi dell'articolo 3 legge 604/1966.
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