La scelta del legislatore di inserire il nuovo istituto della SCIA, acronimo di "segnalazione certificata d'inizio attività", all'interno della legge fondamentale che disciplina il procedimento amministrativo in generale, tramite l'art. 49 del d.l. 78/2010 (come convertito dalla legge 30.7.2010, n. 122), che ha novellato l'art. 19 della legge 241/1990, ha fatto nascere una serie di dubbi, in buona parte ancora non del tutto risolti, circa i margini di applicazione di siffatto istituto giuridico ai vari rami del diritto. Senza addentrarci, in questa sede, sulle implicazioni che la SCIA ha sicuramente apportato con riferimento allo Sportello Unico delle Attività Produttivo, ci si chiede da più parti se il nuovo istituto sia applicabile alla materia edilizia. Basta dare un'occhiata ai siti istituzionali dei vari Comuni italiani per notare che, mentre un numero sempre crescente di essi è aggiornato alla novella, in parecchi uffici tecnici comunali si è deciso di attendere chiarimenti governativi. Un importante passo avanti in tal senso è stato compiuto dalla Nota del Ministero della Semplificazione normativa prot. n. 1342 del 16 settembre u.s.: questa ha precisato che, a parere dell'Ufficio Legislativo che l'ha redatta, la SCIA si applica senz'altro all'edilizia, ma non sostituisce né il permesso di costruire, né la DIA rilasciata in sostituzione del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 22, commi 3 e 4 del D.P.R. n. 380/2001; questi ultimi titoli abilitativi, infatti, continuerebbero ad essere disciplinati dalle specifiche regole per essi rispettivamente indicate dal Testo Unico dell'Edilizia e dalle normative, anche regionali, che li contemplano.
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