E' da tempo che una parte della dottrina lamenta che, nel nostro Paese, si accordano eccessivi trattamenti di favore a determinati enti i quali, nonostante l'etichetta formale che dovrebbe escludere in modo assoluto il fine di lucro, realizzano anche vere e proprie attività commerciali, agendo in un regime di concorrenza "viziata" rispetto alle imprese non rientranti nel campo di applicazione del regime agevolato. Ebbene, ora anche la Commissione Europea ha forti sospetti in tal senso, tanto che ha avviato un'indagine volta ad accertare se alcune norme concretino "aiuti di Stato" alle persone giuridiche beneficiarie. La prima delle disposizioni "sotto i riflettori" è l'art. 149 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che prevede l'esenzione dall'ICI per gli immobili usati dagli enti non commerciali per attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, culturali, didattiche, ricreative, ricettive, sportive e per attività di religione e di culto. La norma, peraltro, garantisce in maniera ancora più evidente gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche, dato che, per queste categorie, non si applica la decadenza dalla "qualifica di ente non commerciale", neppure al ricorrere delle condizioni indicate per gli altri Enti che godono del favor. L'altra disposizione posta al vaglio dell'U.E. è l'articolo 6 del D.P.R. n. 601/73, che riduce alla metà l'IRPEF per gli enti che hanno scopi di assistenza sociale, ricerca senza fine di lucro e fini di beneficenza o di istruzione, nonché per gli istituti per le case popolari, per le fondazioni e per le associazioni aventi scopi esclusivamente culturali.
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