Con la sentenza n. 33190 depositata il 4 novembre scorso, la seconda sezione del Tar Lazio ha chiarito i nuovi confini tracciati dalla normativa che ha introdotto nel nostro ordinamento la cd. "class-action pubblica". In particolare, la seconda sezione del Tar Lazio, pur rigettando il ricorso proposto da un'associazione per la tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori, che chiedeva l'accertamento del silenzio-inadempimento per non essere stata invitata alla procedura di adozione di un provvedimento sull'obbligo di chiusura festiva dei negozi, ha precisato che la tutela che ha per oggetto l'inerzia dell'amministrazione che pregiudichi i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori per la violazione di termini o mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo, non è consentita attraverso l'istituto dell'azione di accertamento sul silenzio-inadempimento ma attraverso la proposizione del ricorso sulla base della nuova normativa contenuta nel decreto legislativo del 20 dicembre 2009 n. 198 e cioè attraverso la nuova "class-action pubblica". Il Tar ha inoltre precisato che, sulla base di quanto stabilito dall'art. 7 (norma transitoria), l'azione non può essere ancora proposta in quanto l'applicazione concreta del decreto verrà definita da uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere della Conferenza unificata che renderanno effettiva la possibilità da parte delle associazioni a difesa dei contribuenti e degli utenti, di proporre la class-action pubblica. Ma non finisce qui: il Tar, nel caso di specie ha poi spiegato che in tema di regolamentazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, che costituisce atto generale di pianificazione economica del Comune, "l'obbligo di sentire le organizzazioni locali dei consumatori riguarda la fase procedimentale precedente all'adozione del provvedimento di chiusura dei negozi e non può essere attivato e preteso una volta che si sia già concluso il ridetto procedimento con l'adozione del provvedimento conclusivo". Il Tar ha quindi spiegato che l'associazione, che aveva eccepito di non essere stata sentita nel procedimento, avrebbe dovuto impugnare l'atto sotto il profilo patologico del difetto o dell'incompletezza dell'istruttoria e non proporre azione di accertamento del silenzio-inadempimento del procedimento, procedimento, peraltro, avviato e conclusosi con l'adozione di un atto.
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