TAR LOMBARDIA - BRESCIA, SEZ. II - sentenza 4 novembre 2010 n. 4552 - 1. E' illegittima l'aggiudicazione di una gara per forniture da aggiudicare con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso in cui la ditta aggiudicataria, in violazione di quanto previsto dal bando, abbia indebitamente ricompreso il costo delle parti di ricambio - necessarie per compiere gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria - nell'ambito del prezzo proposto per la fornitura, senza indicarlo nella voce specifica della manutenzione delle apparecchiature offerte. L'accorpamento del costo dei pezzi di ricambio con il prezzo di fornitura, infatti, ha introdotto una distorsione nell'esame comparativo delle offerte, poiché la stazione appaltante ha posto a confronto valori disomogenei.
2. Nel caso in cui, all'atto dell'emissione della sentenza che annulla l'aggiudicazione di una gara di appalto, risulti che la prestazione sia stata ormai integralmente eseguita, il giudice amministrativo non può dichiarare l'inefficacia del contratto già stipulato ed il subentro della parte vittoriosa. In tal caso, infatti, risulta applicabile l'art. 122 del Codice del processo amministrativo (approvato con il D. Lgs. 2 luglio 2010 n. 104), ai sensi del quale il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, tenendo conto tra l'altro "dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare" nel medesimo (1).
3. Alla luce della giurisprudenza comunitaria ed in particolare della recente sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010 (causa C-314/2009), deve ritenersi che il requisito della colpa della P.A., necessario per il risarcimento del danno derivante da lesione di interessi legittimi, sia destinato a perdere consistenza, non potendosi in particolare subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'Amministrazione aggiudicatrice (2).
4. Ai fini della determinazione del quantum risarcitorio, nel caso di annullamento dell'aggiudicazione di una gara, il criterio del 10% del prezzo a base d'asta - se pure è in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l'utile che un'impresa ritrae dall'appalto - non può essere oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, poiché rischierebbe di rendere il risarcimento dei danni più favorevole per l'imprenditore dell'impiego del capitale; appare invece preferibile l'indirizzo che esige la prova rigorosa, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in primis dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara (3). Tale principio trova oggi conferma nell'art. 124 del Codice del processo amministrativo che, nel rito degli appalti, prevede il risarcimento del danno (per equivalente) "subito e provato" (4).
5. L'importo del risarcimento del danno derivante da illegittima aggiudicazione di una gara di appalto va in ogni caso ridotto per effetto del cd. "aliunde perceptum", ossia di quanto percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative nel periodo la impresa ricorrente avrebbe dovuto eseguire l'appalto (5).
(1) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2010 n. 3759 secondo cui, nel caso di contratti in avanzato stato di esecuzione, è da reputare conforme all'interesse della stazione appaltante e all'interesse generale garantire la continuità del servizio in corso, privilegiando l'opzione del risarcimento per equivalente.
(2) Nella motivazione della sentenza in rassegna si richiama in particolare la già menzionata sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, secondo cui gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice.
Ha statuito la Corte che "il tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonché del sesto ‘considerando' della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità".
Tale conclusione è suffragata da un duplice rilievo: da un lato gli Stati membri possono prevedere per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ciò per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazioni della normativa suddetta (esigenza di certezza), e dall'altro gli stessi hanno la facoltà di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso siano limitati alla concessione di un risarcimento.
In questo quadro complessivo il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività perseguito dalla direttiva soltanto a condizione che la possibilità di riconoscerlo "… non sia subordinata … alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice".
Ciò posto, anche l'inversione dell'onere della prova a carico dell'amministrazione aggiudicatrice non è accettabile, poiché genera "il rischio che l'offerente pregiudicato da una decisione illegittima di un'amministrazione aggiudicatrice venga comunque privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione, nel caso in cui l'amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante".
(3) Cfr. cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2008 n. 5098,
(4) Per una prima applicazione del principio ex art. 124 del codice del processo amministrativo, v. T.A.R. Lombardia - Milano, sez. I, 19 ottobre 2010 n. 7001,
(5) Ha precisato la sentenza in rassegna che, al fine di tener conto dell'aliunde perceptum, nella specie era necessaria - anche in considerazione della peculiarità della controversia (avente per oggetto una fornitura di alta specializzazione), l'instaurazione di un contraddittorio tra le parti, nell'ambito del quale l'impresa ricorrente dovrà documentare che - nel periodo di mancata aggiudicazione - non si è procurata prestazioni contrattuali alternative e similari dalla cui esecuzione ha tratto utili, ovvero che le stesse non avrebbero reso impossibile la contemporanea esecuzione della fornitura; viceversa, la stazione appaltante potrà invocare, avvalendosi degli elementi in suo possesso ovvero utilizzando il materiale probatorio introdotto dalla impresa, l'esistenza di fatti totalmente o parzialmente impeditivi del diritto al risarcimento.
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2. Nel caso in cui, all'atto dell'emissione della sentenza che annulla l'aggiudicazione di una gara di appalto, risulti che la prestazione sia stata ormai integralmente eseguita, il giudice amministrativo non può dichiarare l'inefficacia del contratto già stipulato ed il subentro della parte vittoriosa. In tal caso, infatti, risulta applicabile l'art. 122 del Codice del processo amministrativo (approvato con il D. Lgs. 2 luglio 2010 n. 104), ai sensi del quale il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, tenendo conto tra l'altro "dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare" nel medesimo (1).
3. Alla luce della giurisprudenza comunitaria ed in particolare della recente sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010 (causa C-314/2009), deve ritenersi che il requisito della colpa della P.A., necessario per il risarcimento del danno derivante da lesione di interessi legittimi, sia destinato a perdere consistenza, non potendosi in particolare subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'Amministrazione aggiudicatrice (2).
4. Ai fini della determinazione del quantum risarcitorio, nel caso di annullamento dell'aggiudicazione di una gara, il criterio del 10% del prezzo a base d'asta - se pure è in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l'utile che un'impresa ritrae dall'appalto - non può essere oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, poiché rischierebbe di rendere il risarcimento dei danni più favorevole per l'imprenditore dell'impiego del capitale; appare invece preferibile l'indirizzo che esige la prova rigorosa, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in primis dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara (3). Tale principio trova oggi conferma nell'art. 124 del Codice del processo amministrativo che, nel rito degli appalti, prevede il risarcimento del danno (per equivalente) "subito e provato" (4).
5. L'importo del risarcimento del danno derivante da illegittima aggiudicazione di una gara di appalto va in ogni caso ridotto per effetto del cd. "aliunde perceptum", ossia di quanto percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative nel periodo la impresa ricorrente avrebbe dovuto eseguire l'appalto (5).
(1) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2010 n. 3759 secondo cui, nel caso di contratti in avanzato stato di esecuzione, è da reputare conforme all'interesse della stazione appaltante e all'interesse generale garantire la continuità del servizio in corso, privilegiando l'opzione del risarcimento per equivalente.
(2) Nella motivazione della sentenza in rassegna si richiama in particolare la già menzionata sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, secondo cui gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice.
Ha statuito la Corte che "il tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonché del sesto ‘considerando' della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità".
Tale conclusione è suffragata da un duplice rilievo: da un lato gli Stati membri possono prevedere per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ciò per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazioni della normativa suddetta (esigenza di certezza), e dall'altro gli stessi hanno la facoltà di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso siano limitati alla concessione di un risarcimento.
In questo quadro complessivo il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività perseguito dalla direttiva soltanto a condizione che la possibilità di riconoscerlo "… non sia subordinata … alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice".
Ciò posto, anche l'inversione dell'onere della prova a carico dell'amministrazione aggiudicatrice non è accettabile, poiché genera "il rischio che l'offerente pregiudicato da una decisione illegittima di un'amministrazione aggiudicatrice venga comunque privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione, nel caso in cui l'amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante".
(3) Cfr. cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2008 n. 5098,
(4) Per una prima applicazione del principio ex art. 124 del codice del processo amministrativo, v. T.A.R. Lombardia - Milano, sez. I, 19 ottobre 2010 n. 7001,
(5) Ha precisato la sentenza in rassegna che, al fine di tener conto dell'aliunde perceptum, nella specie era necessaria - anche in considerazione della peculiarità della controversia (avente per oggetto una fornitura di alta specializzazione), l'instaurazione di un contraddittorio tra le parti, nell'ambito del quale l'impresa ricorrente dovrà documentare che - nel periodo di mancata aggiudicazione - non si è procurata prestazioni contrattuali alternative e similari dalla cui esecuzione ha tratto utili, ovvero che le stesse non avrebbero reso impossibile la contemporanea esecuzione della fornitura; viceversa, la stazione appaltante potrà invocare, avvalendosi degli elementi in suo possesso ovvero utilizzando il materiale probatorio introdotto dalla impresa, l'esistenza di fatti totalmente o parzialmente impeditivi del diritto al risarcimento.
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