La notizia che ci giunge dal capoluogo ligure è tra il serio e la burla, ma certamente farà parlare molto di sé e soprattutto pone seri interrogativi sullo strumento delle azioni collettive contro un'azienda o la Pubblica Amministrazione, dei cui rischi si era parlato al tempo dell'introduzione dello strumento legislativo e di cui si parla anche nella patria storica delle class action, gli USA. Un gruppo di avvocati genovesi, di fede doriana, ha deciso di proporre una class action contro la squadra della Sampdoria, perché a loro dire, la cessione di Cassano e Pazzini farebbe svalutare sia il prezzo del biglietto allo stadio che dell'abbonamento. Non si sa se la notizia avrà un seguito nei tribunali di Genova, ma sta di certo che si aprono due fronti sulla questione: una relativa all'identità del tifoso (è un consumatore tout court?); l'altra alla libertà di impresa, che poi è legata alla prima questione. Sorge, cioè, spontanea la domanda se un tifoso abbia diritto alle stesse tutele di un consumatore, compresa la possibilità del risarcimento del danno, sempre che trattasi di danno. Ma soprattutto: un'azienda vera e propria, quale è un club sportivo come la Sampdoria, non ha forse il diritto di potere fare affari, nel modo in cui meglio ritiene? E se, per ipotesi, pur dopo la vendita di Cassano e Pazzini, la squadra ottenesse risultati ancora migliori, sarebbe dovuto il minore prezzo dell'abbonamento allo stadio? Perché se così non fosse, allora il prezzo di un abbonamento dovrebbe essere modificato in corso d'anno, sulla base dei risultati, ma sarebbe un'assurdità, che coinvolgerebbe tutte le squadre di calcio.
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