Dopo la comunicazione del quarto rincaro del carburante alla pompa, nel giro di due settimane, da parte di Eni i prezzi medi per la benzina hanno raggiunto i 1,546 euro al litro, mentre il gasolio si attesta su 1,437 euro al litro. Una situazione che sta mandando su tutte le furie gli automobilisti, che hanno più di una ragione per dubitare sulla giustezza dei prezzi attuali dei carburanti. Un dato su tutti: oggi il prezzo medio della benzina è uguale a quello registrato nell'estate del 2008, i mesi appena precedenti la crisi. Ma la differenza è che allora il petrolio al barile costava intorno a 147 dollari, oggi siamo appena sopra i 100 dollari. Evidentemente qualcosa non va e i conti non tornano. Adusbef e Federconsumatori hanno chiesto all'Eni di svolgere un ruolo di azienda calmieratrice sui mercati, in quanto la società è in parte in mano pubblica, quindi, secondo le due associazioni, essa dovrebbe adempiere alla funzione per cui fu concepita come azienda pubblica. Difficile che tali appelli possano essere raccolti, dato che la stessa Eni ha annunciato il quarto rincaro in due settimane, trattandosi, di fatto, di un'azienda privata, a tutti gli effetti. In Puglia, nel frattempo, si è pensato di imporre un'addizionale regionale sulla verde di ben 3 centesimi. A ben vedere, per imprimere una forte scossa al processo di abbandono del combustibile fossile, spingendo verso le energie rinnovabili, l'unica soluzione è aumentare il prezzo dei carburanti. Un passo azzardato o una visione a medio-lungo termine? E' possibile che i cittadini (e le imprese) corrano dietro a speculazioni sul prezzo del petrolio senza trovare una degna alternativa? Alla politica l'ultima parola.
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